Una analisi del voto su Repubblica di oggi 13 giugno
VENT'ANNI dopo la Seconda Repubblica è finita. Questo mi sembra il senso
"politico" di questa consultazione. Che ha le specificità e i limiti di
un voto "locale", ma assume comunque un significato politico
"nazionale". Non
solo perché ha coinvolto quasi 7 milioni di elettori, in 564 comuni.
Tra cui, 16 capoluoghi di provincia e 92 città con oltre 15 mila
abitanti. Ma perché, a mio avviso, conferma la svolta dalle elezioni
politiche di febbraio. Segna, cioè, la fine della "rivoluzione" partita
vent'anni fa, nel 1993, proprio dalle città. Dove, per la prima volta,
si era votato "direttamente" per il sindaco. Quando, prima del
ballottaggio, Silvio Berlusconi, "sdoganò" i post-fascisti, annunciando
che, se, vi avesse risieduto, a Roma avrebbe votato per Gianfranco Fini.
Ma la "rivoluzione" si produsse e riprodusse, soprattutto, nel Nord. In
particolare, a Milano. La città di Mani Pulite dove Marco Formentini,
candidato della Lega, divenne sindaco. Dove Silvio Berlusconi fondò
Forza Italia, il suo "partito personale" e "aziendale". Che l'anno
seguente vinse le elezioni politiche. Aggregando Alleanza Nazionale, nel
Centro Sud, e la Lega nel Nord. Così Milano conquistò l'Italia. E la
"questione settentrionale" divenne "questione nazionale". Il capitalismo
popolare, della piccola impresa, rappresentato dalla Lega,
insieme al capitalismo mediatico, finanziario e immobiliare,
interpretato da Berlusconi. Conquistarono l'Italia. Complice l'Alleanza
Nazionale del Sud.
Vent'anni dopo, quel percorso sembra finito.
Il Forza-leghismo (come l'ha definito Edmondo Berselli) ha perduto la
sua Bandiera. Il Nord. Il territorio. Il Centrodestra, in queste
elezioni, è stato "s-radicato", proprio dove era più "radicato". Nei
luoghi della Lega. A Treviso, per prima. La città di Gentilini - e del
governatore Zaia. Ma la Lega ha perduto anche nelle città vicine a
Verona. Feudo del Nuovo leghismo di Tosi.
Tutto il Centrodestra,
però, si è "s-radicato". Ovunque. I dati, al proposito, sono impietosi.
Nei 92 comuni maggiori dove si è votato, prima di queste elezioni, il
Centrodestra aveva 49 sindaci (di cui 2 la Lega da sola). Nel Nord
"padano", in particolare, amministrava 16 comuni maggiori (compresi i 2
della Lega), sui 28 al voto. Oggi la Lega è scomparsa. E il
Centrodestra, guidato dal Pdl, ha "mantenuto" solo 14 città maggiori, in
Italia, cioè meno di un terzo. E 3 nel Nord. In pratica: è quasi
sparito. In questi giorni ha perduto le roccheforti residue. Da ultima,
Imperia - il feudo di Scajola. Per prima - e soprattutto - Roma.
La Capitale.
Il Centrodestra è affondato anche nel Centrosud e
nel Mezzogiorno. Sconfitto a Viterbo, e nei principali capoluoghi
siciliani dove si votava. A Messina, Catania, Ragusa, Siracusa. È questa
la principale indicazione "politica" di questo voto "amministrativo":
la sconfitta del Centrodestra. Insieme al declino - simbolico e
politico - del territorio. Eppure non è stato sempre così. Cinque anni
fa, appena, il centrodestra governava ancora in alcune importanti
capitali. A Milano, Palermo, Cagliari. Roma. Ora le ha perdute. Tutte.
Cos'è successo, in questi ultimi anni? Ha pesato, sicuramente, il
declino dei riferimenti sociali ed economici: l'impresa e gli
imprenditori - ma anche i lavoratori - della piccola impresa. Il
capitalismo finanziario e speculativo. La crisi globale li ha stremati. E
li ha posti reciprocamente in conflitto. Inoltre, l'invenzione del Pdl
non ha "coalizzato" Fi e An. Li ha svuotati entrambi. Ne ha fatto un
solo, unico contenitore "personale". La Lega, invece, si è
"normalizzata". È divenuta "romana". Così, al Centrodestra è rimasta
solo l'immagine - peraltro sbiadita - del Capo. Berlusconi. In
ambito politico nazionale. Mentre a livello locale non è rimasto
praticamente nulla.
La svolta oltre la Seconda Repubblica è
sottolineato dal crescente peso dell'astensione, cresciuta notevolmente,
rispetto alle elezioni precedenti. A conferma che la messa è finita. In
altri termini: il voto non è più una fede. Così, occorrono buone
ragioni per votare un partito o un candidato. E, prima ancora, per
andare a votare. Negli ultimi vent'anni, il non-voto è stato, in parte,
assorbito dal voto di protesta. Intercettato dalla Lega, ma anche da
Berlusconi. Canalizzato, alle recenti elezioni politiche, da Grillo e
dal M5S. In questo caso non è avvenuto. Al primo e a maggior ragione al
secondo turno. Per ragioni fisiologiche - non ci sono preferenze da
dare, i candidati si riducono a due, molte sfide appaiono segnate. Ma
anche perché "non votare", in una certa misura, è un modo per votare. E
conta molto, visto lo spazio che gli viene dedicato dagli attori e dai
commentatori politici.
Alla fine della Seconda Repubblica, così,
riemerge il Centrosinistra. E soprattutto il Pd. Considerato in crisi,
dopo il voto di febbraio. Ma soprattutto dopo-il-dopo-voto. Fiaccato
"da" Berlusconi - regista delle larghe intese. "Da" Grillo e dal M5S
- vincitori delle elezioni politiche. In questa occasione, il Pd,
insieme al Centrosinistra, ha vinto ovunque. O quasi. In tutte e 16 le
città capoluogo. In 21 comuni maggiori del Nord (su 28), 10 (su 12)
nelle regioni rosse e in 22 nel Centro-Sud (su 52). Mentre il Pdl si è
sciolto e la Lega è scomparsa. Mentre il M5S ha eletto il sindaco a
Pomezia - seconda città del MoVimento, per peso demografico, dopo Parma.
E va in ballottaggio a Ragusa. In altri termini, "resiste" ed "esiste",
ma non avanza, come nell'ultimo anno.
Un altro segno del cambio
d'epoca. Perché se il territorio declina, come bandiera, torna ad essere
importante come risorsa politica e organizzativa. E favorisce i
"partiti" che ancora dispongono di una struttura e di persone credibili e
conosciute, presso i cittadini. In altri termini, il Pd è un partito
personalizzato, a livello locale. Ma è diviso e impersonale, a livello
nazionale. Gli altri, il Pdl e lo stesso M5S, sono partiti personali in
ambito nazionale. Ma senza basi locali. Così la competizione elettorale
diventa instabile e fluida, come quel 50% di elettori senza bussola e
senza bandiera. Per questo nessuno può né deve sentirsi al sicuro. Non
il Pdl, partito personale e senza territorio, gregario di una Persona
alle prese con troppi problemi personali. Ma neppure il Pd. Partito
personalizzato, sul territorio, ma im-personale, a livello nazionale. La
Seconda Repubblica bipolare fondata "dalla" Lega e "su" Berlusconi: è
finita. Ma la Prima Repubblica, fondata "dai" e "sui" partiti, non
tornerà. Da oggi in poi, ogni elezione sarà un "salto nel voto".
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