mercoledì 24 aprile 2013

La crisi del PD


Ignazio Marino.

Il Pd non è morto ”ma l’apparato sì”.
Si tratta di “politici di professione che analizzano la società con lenti del ’900 per governare il terzo millennio. Sanno che al massimo nel 2018 si estingueranno come dinosauri e sono disposti a tutto per fare un ultimo giro di giostra”. La gestione delle ultime settimane, “è stata un disastro. Un intero gruppo dirigente chiuso in una stanza, fuori la gente che non capiva e non era ascoltata. Una scena fantozziana, con la proiezione della Corazzata Potemkin. Risultato fallimentare”. 

Consultazioni, la freddezza del Pdl su Enrico Letta. Tradito l'accordo su Amato. Ora linea dura: "O governo politico o voto". Avanza il partito dei falchi.

Nessun veto a Letta, purché si faccia un governissimo con i big del Pdl dentro, senza "niet" sui falchi. Un programma con al primo punto l’abolizione dell’Imu e i cavalli di battaglia del Pdl. Insomma, nessuna carta bianca, anche se Giorgio Napolitano ha detto che non ci sono alternative. Altrimenti si vota. Adesso Silvio Berlusconi ha deciso di alzare l’asticella della trattativa. Perché l’accordo su Amato è saltato. E ora, dopo che il Pd oltre a tutte le cariche istituzionali ha pure il premier, nessun piatto è gratis: “O accettano le mie richieste o si vota”.

Ecco i due assi del negoziato, governo politico e programma, che recepisca i cavalli di battaglia del Cavaliere a partire dall'Imu. Altrimenti, si vota. Il Pdl, nelle trattative riservate, ha già fatto sapere che i big devono essere coinvolti: “Noi mettiamo la nostra prima fila, voi la vostra”. Fuori i secondi. L’operazione parte solo se ci sono figure forti, non sbiadite. Per questo il partitone del Cavaliere è pronto a schierare i nomi più pesanti: Alfano vicepremier, Schifani alla Difesa, Quagliariello (dato più in quota Quirinale che Berlusconi) alle Riforme. Ma anche Renato Brunetta, il falco. Proprio la sua presenza nella rosa che circola in queste ore è il segnale di un indurimento del Pdl nel negoziato: “Hanno scelto la via politica con Letta, non accettiamo veti sui nostri politici, né li può scegliere il Pd” è il ragionamento.
Perché, rispetto allo schema Amato, ora lo schema di gioco cambia. Anche il Pd deve calare la prima fila, non la seconda. E si deve capire a chi andranno i ministeri che Berlusconi considera chiave, come la Giustizia. L’accordo su questo deve essere blindato. Non è un dettaglio il cambio di candidato premier sul dossier giudiziario. Il provato garantismo di Amato non è paragonabile a quello del mite Enrico Letta, vicesegretario di un Pd bersaniano che invocava l’arresto di Berlusconi, l’ineleggibilità e pure il conflitto di interessi.

Con i sondaggi che danno Berlusconi avanti, il Senato contendibile, e con il Pd in frantumi, o la soluzione è soddisfacente – un governo politico duraturo, con i big di Pd e Pdl dentro e un programma che accolga i cavalli di battaglia berlusconiani – oppure è meglio puntare sul ritorno alle urne. E nel Pdl, dopo giorni in cui è stato suonato uno spartito responsabile, avanza il fronte dei falchi. Perché a sessanta giorni dalle elezioni di febbraio, stavolta, non si può andare avanti all’infinito, visto che il capo dello Stato ha il potere di scioglimento. Finalmente.          

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