E ora i referendum. A chi, mesi fa, nicchiava sull’opportunità di  sostenerli - e se poi non raggiungono il quorum? e se poi mettiamo la  faccia su una battaglia persa? - ho risposto qui che l’unico modo sicuro  per perdere è non combattere: che quando c’è da esprimersi su temi che  riguardano tutti bisogna farlo sempre, forte, chiaro. Poi il  centrodestra ha mostrato di aver paura di quel voto, e questo ha  suscitato qualche attenzione al tema. Se Maroni non vuole l’election day  qualcosa vorrà dire. Poi, sempre a destra, hanno cominciato a parlare  dell’onda emotiva, a dire che sul nucleare non si poteva più votare dopo  Fukushima. Poi Prestigiacomo prima (fuori onda) e Berlusconi dopo lo  hanno detto in chiaro: meglio rinviare la questione di un paio d’anni,  così la gente si dimentica e gli affari - economici, certo, quali altri?  - possono riprendere da lì. Poi ci hanno provato in tutti i modi, con  leggi leggine promesse decreti omnibus e soprattutto col silenzio delle  tv. Ma a che servono questi referendum? Non servono a niente. Il  nucleare tanto non si fa più, con l’acqua è tutto a posto e il legittimo  impedimento è un fatto superato: andate al mare, che è meglio. 
Però la rete, quella rete di cui certi leader si ricordano solo quando  procaccia vittorie, non ha smesso un minuto di battere il tamburo. I  cittadini ostinati, avete presente le piazze di lunedì scorso? Ecco,  quel genere di ostinazione felice. Comitati, associazioni, decine e  decine di gruppi: video, parodie, vignette, catene di messaggi. Cercano  di impedirci di andare a votare, dicevano le voci a decine di migliaia, e  noi con loro: andiamoci comunque, abbiamo proposto. Andiamo a votare lo  stesso, il 12 e il 13, qualunque sia la decisione della Cassazione. 
Sono arrivati gli artisti e i “famosi”, a quel punto. Filmati, appelli.  Miniclip. Ne trovate parecchie, oggi, sulla home page del sito. Infine i  ballottaggi, lunedì, e ora davvero è chiaro per tutti che il voto ai  referendum potrebbe essere la spallata fatale. Ne è convinta la Lega,  leggete il Congiurato qui accanto. Lo teme Silvio B. che con uno  schiocco delle dita, come farebbe col maggiordomo, sposta il ministro  della Giustizia da via Arenula all’anticamera di casa sua, al  coordinamento del partito. Annuncia la libertà di voto, sul nucleare:  cerca di evitare in zona Cesarini che il referendum abbia un valore  politico. Sacchi di sabbia attorno al Pdl. Gesti scomposti: abbiamo un  premier che anziché rallegrarsi con chi ha vinto le elezioni, un obbligo  per un uomo delle istituzioni, invita i cittadini che lo hanno  sconfitto a raccomandarsi a Dio e annuncia loro che si pentiranno. Che  dice di non aver candidato Carfagna a Napoli per non consegnarla alla  camorra: Lettieri, invece, era già della partita? 
Ma - detto che il voto ha sempre un valore politico - non è per nessuna  di queste ragioni che andremo a votare. Non c’entra Silvio B., questa  volta. Ci andremo perché l’acqua è pubblica, perché sul nucleare non  vogliamo che decida la cricca, perché pretendiamo che siano garantiti  diritto alla salute e alla giustizia. 
Per tutti i cittadini, nella stessa misura. Se poi questi sacrosanti  diritti, una volta reclamati, avranno l’effetto di far vacillare questo  governo posticcio sarà un benefico effetto collaterale. Secondario,  comunque auspicabile ma secondario: qui stiamo parlando d’altro,  finalmente. Non delle sorti del sultano, ma di quelle di ciascuno di  noi. 
La frase "andate al mare", di vecchia memoria, non porta bene.
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