lunedì 8 ottobre 2012

La speranza dei nostri figli che scendono in piazza

Riceviamo questa lettera che volentieri pubblichiamo:

Cari compagni, mi chiamo Luca Miliani. Abito a San Casciano e sono socio del circolo ARCI di Bagnolo. Volevo solo segnalare questo intervento scritto da Simone Siliani e pubblicato oggi sulla cronaca toscana dell'Unità, intervento che mi è piaciuto molto e che cerco quindi di diffondere come la vignetta visibile nell'allegato e pubblicata ieri ancora sull'Unità. Grazie dell'attenzione, cari saluti, Luca.

La prima volta di una manifestazione studentesca è una porta che si apre su un mondo nuovo: la voglia uscire e di prendere parola, la scelta adulta individuale che confluisce in un movimento impetuoso, l’urgenza di affermare diritti e aspirazioni, la scoperta dei luoghi di una democrazia conflittuale ma viva. L’ingresso sfrontato in una età diversa. Anche per noi padri, appartenenti ad una generazione che ha calcato le piazze d’Europa in cerca di un mondo diverso, il confronto con i nostri figli adolescenti che per la prima volta sono scesi in piazza per manifestare è una sfida non da poco. E abbiamo trovato ragazzi consapevoli e informati dei motivi del loro manifestare: ci hanno sorpresi e hanno dato una lezione a noi padri un po’ supponenti, veterani di tante battaglie, che pensavamo di saperla lunga. Così è iniziata la contrattazione dell’assenza a scuola (non da “giustificare” ma da “spiegare”), l’impatto con la piazza e la discreta presenza della polizia, il tenersi stretti intorno al sogno di una scuola e di una società diverse (in cui il “merito” non sia misurato in soldi), la rabbia contro il “fumato” che ha spaccato la vetrina (forse, la cultura pacifista e nonviolenta è diventata per loro più “normale”, meno “eversiva” di fronte ad un ordine avvertito meno violento di quello fondato sull’equilibrio del terrore nucleare in cui in abbiamo vissuto) e, ancora, l’impegno e la smania di diventare protagonisti del loro futuro.
Una generazione che rischia di perdere il diritto al futuro a causa della illusione della crescita senza limiti che il liberismo dei loro padri ha imposto al mondo, oggi vuole prendere parola, riconquistare il diritto anche a sbagliare, ma di farlo in autonomia avendo almeno una possibilità. Se non comprendiamo quanta speranza c’è per tutti noi nell’irruenza di questi ragazzi, rischiamo di ridurre tutto ad una cronaca sul traffico bloccato (che è problema di chi governa le istituzioni e che, di fronte a questi adolescenti, è vecchio anche se “giovane” e forse sarà da loro rottamato prima o poi). E sarà una occasione, forse l’ultima, persa per tutti.
Noi “vecchi” dobbiamo amarli e sforzarci di capire, perché loro si stanno prendendo in carico i nostri errori e anche quel po’ di futuro che ci resta. Forse abbiamo il dovere ancora di tentare di smentire il loro slogan, “Non ci rappresenta nessuno”, e restituire alla politica un po’ di dignità, di senso, togliendola dal suo solipsismo e rimettendola in dialogo con questa generazione, altrimenti tutto sarà perduto. Ma non possiamo farlo senza di loro e neppure possiamo farlo per loro; siamo costretti a farlo con loro. E quindi dovremo sopportare i (meritati) rimproveri di non aver saputo cambiare il mondo come volevamo (talvolta è il mondo ad aver cambiato qualcuno di noi) e di avergli mangiato il futuro; dovremo patire altre, ben più serie, rottamazioni; dovremo sobbarcarci la responsabilità di colpe non nostre, bensì dei pochi che così male hanno interpretato la globalizzazione. Ma non c’è scorciatoia: guarderemo, con orgoglio e commozione, negli occhi questi ragazzi e proveremo a fare un pezzo di strada con loro, sperando che a Lorenzo, Katharine, Chang, Leone, Sasha, tocchi l’esaltante esperienza di riprendere in mano il filo di un mondo consunto e consumato per rinnovarlo dal profondo e restituendo all’azione collettiva per affermare giustizia, libertà, diritti – cioè alla Politica – il suo senso più vero.
Simone SIliani
(pubblicato su l’Unità – Toscana  7.10.2012)

Nessun commento:

Posta un commento