C'È QUALCOSA che zoppica molto, nel giudizio che il Premier dà
dell'Italia, della sua preparazione ad accettare le volontà del governo.
Sostiene Mario Monti che "se il Paese non è pronto" lui se ne va, non
sta aggrappato alla poltrona come i vecchi politici. Ma lo vede, il
Paese? E sullo sfondo vede davvero l'Europa, come promette, o percepisce
solo l'austerità sollecitata in agosto dall'Unione?
In realtà
l'Italia sarebbe più che pronta, se solo le si dicesse la direzione in
cui si va, l'Europa diversa che si vuol costruire, la democrazia da
rifondare a casa ma anche fuori: lì dove si sta decidendo, ben poco
democraticamente, la mutazione delle nostre economie, delle nostre
tutele sociali, del lavoro. È qui che manca prontezza: nei
governi, non nei Paesi. Che manca il riformismo autentico: quello che
non cambia le cose con rivoluzioni, ma le cambia pur sempre. La modifica
dell'articolo 18 e altre misure d'austerità hanno senso se inserite in
una mutazione al tempo stesso economica, democratica, geopolitica. Se
non son parte di un New Deal nazionale ed europeo, secernono solo
recessione, regressione, e quei chicchi di furore che secondo Steinbeck
marchiarono la Depressione negli anni '30. Al Premier vorrei
domandare: è per un New Deal che sta a Palazzo Chigi, o per certificare
che la crisi economico-democratica è gestibile da platoniche,
oligarchiche Repubbliche di esperti-filosofi che la sanno più lunga? Una
risposta a simili interrogativi preparerebbe un po'. Non basta dire: noi abbiamo filosofie sui giovani e il futuro che nessuno possiede.Urge
quel che chiedono da tempo i federalisti; quel che il 10 marzo hanno
invocato tanti cittadini e movimenti europei, in un appello (firmato
anche da Jacques Delors) uscito in Italia e Germania: un'Europa
politica, un'assemblea costituente che ne faciliti la metamorfosi.
Incuriosisce che l'assemblea costituente attragga anche oppositori di
sinistra (ne ha parlato Sabina Guzzanti, in Uno Due Tre Stella).
È segno che ovunque c'è oggi sete di un'agorà europea: di uno spazio di
discussione-deliberazione su quel che deve divenire l'Unione, se non
vuol degenerare in matrigna sorvegliante dei conti. È una sete ignota ai
partiti, al governo, ai sindacati. La Cgil ad esempio non ha firmato
l'appello federalista, ritenendolo troppo favorevole al Patto fiscale.
Non vede che anche il fiscal compact è doppio: ha senso se è il gradino
di una scala, è stasi in assenza di scala.Nella stessa trappola
può cadere Bersani, se condivide queste cecità. Senza un'Europa politica
e democratica, che non si limiti a coordinare recessioni nazionali ma
fabbrichi essa stessa crescita, il Pd è in un imbuto micidiale: come
sabbia scivolosa, le sue forze si esauriranno. Per un partito vicino ai
deboli e ai poveri, questi sono tempi bui. Gli mancano le parole, per
dire quel che tocca comunque vivere, con o senza articolo 18: il taglio
dei redditi, l'insicurezza del lavoro.Per decenni i progressisti
hanno parlato di riformismo senza approfondirlo, e ora la parola tocca
ripensarla, non farla coincidere solo con austerità, ineguaglianza.
"Nessun nemico a sinistra", era l'antico motto. Oggi a sinistra
s'affollano partiti, movimenti, e puoi denunciare l'antipolitica ma gli
elettori non se ne curano, delusi come sono. Tuttavia, proprio la
trasmissione di Sabina Guzzanti conferma che c'è, tra i delusi, un
residuo di speranza, una sete che si può dissetare, se si vuole. Una
domanda che implora più Europa. Che nella corruzione di tutti i partiti
fiuta la temibile morte della politica. Il vero problema è che
manca terribilmente l'aria, nelle stanze dove si riscrive il Welfare
europeo (non sempre male d'altronde: nel piano Fornero ci sono molti
progressi per i precari). Le stanze sono piccole, strette, e
l'essenziale resta dietro la porta. L'essenziale è l'Europa: l'ossigeno
che può venire da essa, se la trasformiamo in unione politica che
governi quel che gli Stati non governano più. La dottrina tedesca che
ingiunge "l'ordine in casa" prima di tentare forme politiche
transnazionali è conficcata nelle menti: anche in quella di Monti. La
crisi mostra l'inconsistenza degli Stati nazione, e nel nuovo mondo -
già sovranazionale economicamente, ma non politicamente e
democraticamente - le sinistre storiche sono in un vicolo cieco.Dicono
alcuni che la democrazia svanisce, nel presente squasso. Secondo
Ernesto Galli della Loggia, solo lo Stato nazione può essere
democratico: fuori di esso non esisterebbe un demos ma "individui
sparpagliati, che semplicemente 'si conoscono'" (Corriere 12-3). Rotto
il contenitore nazionale, la democrazia apocalitticamente muore.
Dimentica, l'autore, che lo Stato nazione (a differenza degli imperi) ha
creato democrazia ma anche nazionalismi, guerre, annientamenti di tutto
ciò che il demos (popolo) riteneva impuro.Il Partito
democratico, ma anche lo strano governo dei Saggi, sembra dar ragione a
questa tesi, per nulla controcorrente. È la tesi dominante invece - ha
la forza dello status quo - ed è anche la più facile, perché
inventare un diverso ordinamento europeo implica ingegno, fantasia,
forti trasferimenti di sovranità, trasgressione di conformismi, e una
mente cosmopolitica che le sinistre storiche professano sempre,
osservano di rado. Le torsioni del Pd, e dei socialisti in
Francia, confermano l'infermità di partiti chiusi nelle case nazionali,
che l'Unione la sognano soltanto. Quando esigono "più Europa" (al
vertice parigino tra sinistre francesi, tedesche, italiane) non osano
neppure parlare di governo federale: pudibondi, prediligono la vacua
parola governance.Solo attraverso un governo europeo eletto e
controllato dai deputati europei, ritroveremo la sovranità che gli Stati
hanno delegato non perché rinunciatari, ma perché non la possiedono
più. Solo in Europa possiamo fare quello che nazionalmente è
infattibile: salvare il Welfare, dotare il potere sovranazionale di
risorse per un'altra crescita, più competitiva e anche parsimoniosa
perché fatta in comune. Concentrata su energie alternative, ricerca,
istruzione, trasporti comuni che superino l'automobile individuale.Il
Pd ha più patemi delle destre, abituate a custodire i fittizi troni
nazionali delegando le sovranità perdute a incontrollate lobby
finanziarie (un'abitudine contratta nei rapporti con la Chiesa). Le
sinistre hanno una visione più laica e ambiziosa della politica, e il
loro disinteresse per l'Europa federale è inane: non ci sarà vero
progresso, senza vera democrazia europea. Nei vertici di maggioranza con
Monti di Europa politica non si parla: come se non fosse la prima
emergenza, l'ossigeno che ci evita l'asfissia. Monti ritiene che "non
c'è bisogno" di Stati Uniti d'Europa. I suoi ministri raccomandano,
svogliati, "piccoli passi".Come ricordano alcuni deputati, in
un'interrogazione alla Camera presentata dal prodiano Sandro Gozzi, non è
questa la linea fissata dal Parlamento. La mozione del 25 gennaio esige
che il governo acceleri, in parallelo con Patto fiscale, un "processo
costituente verso un'unione politica dei popoli europei", metta "al
centro della riflessione politica europea le politiche dello sviluppo e
della crescita", proponga il ricorso a eurobond e project bond come
"strumenti innovativi di finanziamento allo sviluppo". Non s'intravvede
prontezza governativa, in materia.Ulrich Beck ha dato un nome
all'indolenza dei politici nazionali. La chiama l'"errore del bruco".
L'umanità-bruco vive la condizione della crisalide, "ma lamenta la
propria scomparsa perché non presagisce la farfalla che sta per
diventare". Non è la prima volta che accade, secondo lo scrittore
Burkhard Müller che per primo ha usato la metafora del bruco
(Süddeutsche Zeitung, 1-8-08). Nell'800 stava per finire la legna:
nessuno presagiva il carbone fossile. Oggi accade lo stesso col
petrolio, e anche con gli Stati nazione. Si aspetta che l'alternativa si
materializzi da sola, mentre bisogna tirarla fuori dal pigro ventre del
presente. Decenni di lavoro di movimenti cittadini hanno consentito ai
tedeschi di uscire dal nucleare, ricorda Habermas. Anni di negoziati
hanno prodotto un diritto del lavoro che non ha spaccato e umiliato i
sindacati come da noi.La sinistra può farcela. Purché lavori
alla nascita della farfalla europea, e smetta le comode certezze di chi,
apocalitticamente vivendo da bruco, ritiene morta le democrazia, una
volta perduto il contenitore che fu lo Stato nazione.
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