martedì 17 maggio 2011

Il qualunquismo grillino dà una mano a Berlusconi

Nelle città le liste a Cinque stelle corrono. Dieci per cento a Bologna. Cinque per cento a Torino, Quattro per cento a Milano.
Sono voti che vanno a una formazione politica che per programma non intende discutere con nessuno. Che è convinta, velleitariamente,  di cambiare da sola la politica italiana.
Sono voti che pescano nell’area dell’astensione e in quella del  centrosinistra.  Con ogni probabilità, grazie al doppio turno, non peseranno nella scelta dei sindaci. Ma alle politiche, alle europee e alle regionali peseranno molto di più.
Forse Bersani, Di Pietro e Vendola oggi avranno di che festeggiare. Ma alzando i calici si spera che mettano tutti all’ordine del giorno il problema Beppe Grillo.
Perché se con Grillo non si può parlare, con i suoi elettori sì.  Per farlo, il Pd deve capire il perché di quei voti. E dare una risposta alle esigenze e alle speranze che quei voti esprimono.
L’errore più grande che il centrosinistra  può fare è  abbassare la guardia contro il qualunquismo. Altrettanto grave, però, sarebbe liquidare il tutto con una alzata di spalle. C’è bisogno della politica, quella vera, per capire chi sono e cosa vogliono gli uomini e le donne che al qualunquismo affidano la loro rappresentanza. 
Sono decine di migliaia di voti, e cresceranno. Ma non sono tutti uguali. Non tutti, e non per sempre, si accontenetranno di un vaffanculo.  Se qualcuno nutrisse ancora dubbi sul vero obiettivo del movimento Cinque Stelle, questa campagna elettorale è chiara che più chiara non si può. Potrà anche sparare alzo zero sullo psiconano, ma Beppe Grillo punta dritto a sinistra. Anzi, ai voti della sinistra. Per carità, l’obiettivo è legittimo. Solo sarebbe onesto spiegare ai cittadini, contestualmente, che contendere i voti alla sinistra senza immaginare nemmeno per ipotesi qualsiasi forma di alleanza significa consegnare il Paese a Berlusconi o alla Lega.

E’ già successo in Piemonte, e i cinquestelle sarebbero ben felici che accadesse anche a  Bologna, Milano e  Torino.
A Beppe Grillo, che dice di voler cambiare la politica, qualcuno dovrebbe ricordare che il cambiamento senza responsabilità, in politica, si chiama cazzeggio. E che la differenza tra rivoluzionari e guastatori è talmente sottile da non poter essere tracciata a forza di battute. 

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