SOSTIENE Berlusconi: "Con la sinistra Milano diverrebbe una città islamica". O "diverrebbe Zingaropoli". O cadrebbe nelle mani violente dei centri sociali. O peggio ancora, senza più condizionale: "Sarà Stalingrado". La campagna del premier non potrebbe essere più tossica, menzognera. Ancora una volta, tenta la seduzione degli elettori immettendoli in una bolla d'inganni: non idilliaca stavolta ma cupa, sinistra. Nella sua retorica, idillio e fiele combaciano, l'insulto si fa incontinente. La bolla è chimerica anche quando non offre una vita al riparo da crisi e mutamenti (una sorta di Milano-2 allargata, tranquillizzata dal recinto che la protegge da incursioni straniere), perché il miraggio della vita in nero non è meno scollato dall'oggi.
Non ha rapporto con la crisi economica cominciata nel 2007, e dal premier sempre negata, né col disastro che colpisce ormai più generazioni - di ventenni, trentenni, perfino quarantenni - condannate a un precariato senza futuro in cui sperare. Non ha rapporto con quello che sta accadendo in tanti paesi, da Spagna a Islanda: l'onda di collera verso politici incapaci di dominare, spiegare, intuire quel che la stasi della crescita rende necessario nei paesi sviluppati: più competizione ma trasparente, più bisogno di veder riconosciuto il merito, più giustizia e dunque legalità. Gli indignados delle amministrative italiane, lo vedremo, hanno ritenuto che il Nuovo stesse in luoghi inesplorati della politica.
La chimera unita all'insulto ha come scopo quello di produrre allucinazioni, immagini distorte delle realtà vissute. È ancora peggio dell'illusione, perché l'allucinazione è una droga che ti mangia da dentro. I dizionari spiegano che è una percezione di sensazioni senza alcun oggetto esteriore che la faccia nascere. Chi è in preda all'allucinazione non vede il tempo scorrere o lo vede correre caoticamente, non è in grado di smascherare l'inganno che l'ha cattivato, e incattivito. Vive come il popolo imprigionato nei sotterranei del film di Kusturica: sulla superficie la terra è cambiata, il Muro è caduto. Underground, sottoterra, è sempre Stalin contro Hitler, e guerra fredda infinita. Il cattivato voterebbe perfino Jack lo Squartatore, se gli dicessero che in cambio non ci saranno Zingaropoli, centri sociali, Stalingrado.
Così nella propaganda di Berlusconi: nulla sulla superficie della terra conferma l'esistenza di orde di zingari che premono alle porte delle città con il coltello fra i denti, nulla fa pensare a Stalingrado (icona della seconda guerra mondiale e della guerra fredda), con le bandiere rosse sventolanti ovunque. Ma l'allucinato non se ne cura: sullo schermo vede proiettato non l'oggetto delle vere paure quotidiane ma una paura cosmica, così potente che oltrepassando la realtà cerca nemici fittizi per placarsi. Hai paura dell'inferno? chiede Berlusconi: non ci siamo che noi per tenerlo a bada, riscattarti, redimerti. Continua a spaventarti, perché lo spavento è la tua e quindi la mia forza. Solo noi, Uomini Nuovi, abbiamo la tenacia e la faccia di bronzo per sventare il caos. Hayek chiama tutto questo fatal conceit. È l'idea che "l'uomo sia capace di forgiare il mondo che gli sta intorno secondo i propri desideri". Accusava il comunismo, ma ogni ideologia monocratica si nutre della paura del diverso, è concezione fatale insidiata dall'errore.
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