sabato 12 novembre 2011

Non ce ne siamo ancora liberati

Mentre impazza il totoministri e le posizioni dei partiti sul sostegno o meno di un esecutivo guidato da Monti sono ancora in via di definizione, un dato appare certo: senza Pdl non ci sono i numeri per una maggioranza. 
 E un fatto appare certo: sarà sempre il Cavaliere a tenere saldamente le redini del controllo parlamentare del governo. I numeri, purtroppo, fotografano una situazione assolutamente chiara. E per niente rassicurante.

Il Cavaliere, insomma, è ancora qui e ci resterà a lungo. Non sarà più il presidente del Consiglio, certo, ma avrà in mano la golden share della maggioranza parlamentare e dunque, potrà decidere in ogni momento – e a suo totale piacimento – quanto tempo far andare avanti il nuovo governo. In barba anche ad ogni accordo preso con il Quirinale che, è noto, tra un anno non avrà neppure più il potere di scioglimento delle Camere per l’inizio del semestre bianco (nel dicembre 2013).

Chi, insomma, pensava di essersi lasciato alle spalle 17 anni di Berlusconi e di berlusconismo, per il solo fatto che il Cavaliere, domani, lascerà palazzo Chigi, è bene che si fermi un attimo a riflettere. Perché i numeri, alla fine, in politica contano molto più delle intenzioni e quelli che sono usciti dalle urne del 2008 non lasciano spazio ad interpretazioni; comanda sempre lui....



Il governo Monti, comunque sia costituito, potrà contare sull’appoggio del Pd, del Pdl e del Terzo Polo, con un’apertura da parte dell’Idv arrivata oggi (“ma non al buio”, ha detto Di Pietro) e l’opposizione della Lega. Tradotto in numeri –sempre che, come sostenuto questa mattina da Pisanu, alla fine tutto il Pdl decida di sostenerlo – potrà contare su una maggioranza “bulgara” di 484 deputati alla Camera e 285 senatori a palazzo Madama (senza contare quelli del gruppo misto in entrambi i rami del Parlamento). Una maggioranza che potrebbe apparire più che solida, anzi granitica, ma che risente di una pesante fragilità. Più visibile e netta alla Camera, meno al Senato, ma comunque chiara.

La principale architrave numerica della maggioranza a Montecitorio sarà il Pdl con 215 deputati. Che unito al folto gruppo dei responsabili (ora Popolo e Territorio), presenti solo alla Camera con 25 componenti, fanno raggiungere quota 240 “teste”. Senza di loro, insomma, Monti avrebbe solo 244 deputati, cioè non avrebbe la maggioranza. Tradotto in sostanza politica; Monti sarà ostaggio di Berlusconi alla Camera. E anche al Senato, dove non ci sono i Responsabili, ma il Pdl ha 130 senatori. E Monti, sempre contando le forze politiche che si sono dichiarate disponibili al sostegno, avrà una maggioranza di 285 senatori. Senza i 130 pidiellini, anche qui niente maggioranza e stop secco a quota 155.

Si governa male con il guinzaglio corto, si governa male (nonostante tutti gli appoggi e le benedizioni internazionali per “salvare l’Italia”) con un governo che sarà sempre e comunque ostaggio di una parte che pare decisa, comunque, ad andare presto alle urne. Insomma, sarà Berlusconi a decidere quando far cadere il governo Monti. E anche il perché.

C’è poi un aspetto da non sottovalutare in tutta questa partita. Molti deputati e senatori non hanno ancora raggiunto il numero di giorni necessari per ottenere il vitalizio (la pensione parlamentare). Che si raggiunge dopo essere stati per almeno cinque anni (anche non consecutivi) seduti sugli scranni delle Camere. In questa legislatura, i parlamentari che non hanno ancora diritto a ricevere il vitalizio sono 350 (in entrambe le Camere), per la precisione 247 deputati (39,2%) e 103 senatori (32,7%). In termini assoluti, è il partito democratico ad avere il maggior numero di deputati “scoperti” (84 su 206), ma anche il Pdl non scherza, con 77 onorevoli su 215 (35%). Dato importante quello degli ex Responsabili, con 12 deputati su 25 ancora lontani dal traguardo. In termini assoluti, la maggior parte dei deputati complessivamente senza vitalizio (238 su 247) raggiungerà l’agognato numero di giorni utili per conseguire la pensione il 3 aprile del 2013. Ossia alla fine naturale della legislatura.

La propensione di molti sarà quella di tenere in piedi il governo il più possibile, ma questo potrebbe non corrispondere alle prospettive di Berlusconi. Al Cavaliere, d’altra parte, c’è un fatto che interessa più di ogni altra questione; rimanere con l’attuale legge elettorale. Non è dunque escluso – e di questo si parla proprio in queste ore di profonda concitazione nel Pdl – che alla fine possa decidere di staccare la spina a Monti nel momento in cui questo dovesse tentare di cambiare il suo adorato “porcellum”. Prima o dopo non ha importanza. Con buona pace di tutti quelli che resteranno senza pensione e senza più posto da “onorevole”.

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