L'ultimo sogno del Cavaliere
candidarsi ancora come premier
Di fronte alla cruda verità dei numeri, il premier ha preso tempo. La maggioranza alla Camera non c'è più, ma come un giocatore di poker ha fatto slittare l'ultima puntata. Perché la vera paura del Cavaliere in queste ore non erano le dimissioni, ma la nascita di un "governo per l'Europa" guidato da Monti e con un programma economico costruito sulla lettera inviata da Palazzo Chigi a Bruxelles. E quindi difficilmente criticabile dal Pdl.
La legge di Stabilità, allora, verrà approvata con ogni probabilità la prima settimana di dicembre. A Palazzo Chigi sperano addirittura di tirarla per le lunghe e arrivare a metà del prossimo mese. Il tutto per rendere più complicato il percorso per un esecutivo di larghe intese e agevolare lo scioglimento delle Camere. Con una campagna elettorale pilotata dal Cavaliere - ancora seduto sulla poltrona della presidenza del consiglio - e affrontata dal Pdl come il partito che ha varato la manovra "europeista" anti-crisi...
Del resto, nel disegno di Berlusconi la traiettoria è chiara: andare a votare a febbraio facendo balenare la possibilità di candidare Angelino Alfano. Ma lo schema che ancora sogna è un altro: ripresentarsi come aspirante premier, spiegare al segretario Pdl che non c'è più il tempo per le primarie che tutto il partito invoca. Quindi "correre" di nuovo sperando nella ricorsa nei sondaggi e avendo in mente l'elezione del successore di Napolitano fissata per la primavera del 2013.
Ma il progetto berlusconiano sembra al momento solo una tattica studiata a tavolino. Perché il capo dello Stato non ha fornito alcuna garanzia al presidente del consiglio sul voto anticipato. L'opposizione - che ha ben capito gli obiettivi del premier - sta cercando di giocare di anticipo. Stringendo, come ha chiesto il presidente della Repubblica, i tempi di approvazione della legge di Stabilità.
Il Pd e l'Udc hanno bisogno di fare avviare le consultazioni del Colle a novembre e non a dicembre. E anche la mossa che ha portato ieri all'astensione sul Rendiconto dello Stato mirava proprio a compattare il momento della verifica.
Ma soprattutto da qui alle prossime settimane, il Pdl rischia di dover fare i conti con una nuova slavina di fuoriusciti. Il Terzo polo, che i sondaggi quotano oltre il 15%, è una calamita. Il plotone di parlamentari del centrodestra contrari alle urne tocca quota cinquanta secondo i calcoli di un uomo esperto di numeri come Denis Verdini. Ma l'ostacolo maggiore per le elezioni anticipate è costituito dai mercati e dall'Unione europea.
Prova ne sono le pressanti richieste che ancora provengono da Bruxelles per un ulteriore intervento italiano sul debito pubblico. Una nuova correzione dei conti che sembra comprendere anche il richiamo a un governo tecnico di larghe intese. Le oscillazioni dello spread tra i Btp e Bund tedeschi, insomma, appaiono in questa fase molto più decisivi della dialettica politica nostrana.
Nel partito del Cavaliere, poi, molti - a cominciare da Formigoni e Scajola - vogliono evitare la tagliola elettorale. Preoccupati che Alfano gestisca le liste elettorali - con il Porcellum - costruendosi i gruppi parlamentari a sua immagine e somiglianza.
Lo stesso allarme è scattato nella componente maroniana della Lega. Il ministro dell'Interno, infatti, teme che l'"epurazione" minacciata dal cosiddetto "cerchio magico" bossiano prenda corpo proprio nelle candidature alla Camera e al Senato. Non a caso Maroni da qualche giorno spinge per il ritorno al Mattarellum: un sistema elettorale che sottrae alle segreterie il dominio delle candidature.
Sono quindi ancora tante le barriere che deve superare Berlusconi. A meno che nel centrosinistra qualcuno non abbia la tentazione di abbassarle sperando di lucrare sulle attuali posizioni di vantaggio per andare ad incassare nelle urne.
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