(articolo di Peter Gomez)
In Giappone cresce l’incubo nucleare. Nel corso della nottata (alle sei del mattino ora locale), una nuova esplosione alla centrale di Fukushima ha tenuto con il fiato sospeso gli abitanti del paese devastato dal terremoto. Sale anche l’allarme radioattività: il premier giapponese Naoto Kan ha chiesto agli abitanti nel raggio di trenta chilometri di non uscire dalle proprie abitazioni. Nuove rilevazioni dicono che il livello di radiazioni nell’aria è superiore di dieci volte in più del normale anche a 100 chilometri da Tokio. Ieri l’ennesimo tentativo di pompare acqua marina nel reattore della centrale atomica di Fukushima. La Tepco, il gestore dell’impianto giapponese, dopo i fallimenti dei precedenti tentativi di raffreddamento delle barre ha già annunciato “l’inizio di fusione del nucleo”
La buona notizia è che in realtà sul nucleare italiano niente è per davvero deciso. Nonostante la legge sull’atomo e l’accordo siglato lo scorso anno con la francese Edf e l’Enel il nostro Paese ha tutto il tempo per cambiare idea e darsi una diversa politica energetica. Quella cattiva è che le nostre classi dirigenti non hanno nessuna voglia di riflettere. Tanto che per ora la maggioranza riesce solo a ripetere a pappagallo: “Andiamo avanti”.
Eppure in qualunque nazione seria (ma la nostra purtroppo non lo è) ciò che sta accadendo in Giappone sarebbe da tutti presa per un’occasione di vero dibattito e approfondimento. Anche dai pro-nucleare. Chi sostiene l’atomo senza se e senza ma, spiega infatti che le centrali nipponiche sono in crisi perché di vecchia generazione. E pur sorvolando sull’ancora irrisolta (e fondamentale) questione delle scorie, afferma che nelle nostre (terza generazione) incidenti simili non potranno accadere. È vero? È falso? I ministri Renato Brunetta, Paolo Romani e Stefania Prestigiacomo che tanto si stanno spendendo per i costruendi reattori hanno la competenza tecnica e la gentilezza necessaria per rispondere?
In queste ore, del resto, le due obiezioni principali utilizzate per contrastare chi si schiera contro le centrali, appaiono prive di senso. È sbagliato dire, come fa la politica, che intanto l’Italia è circondata da reattori e che è quindi inutile rinunciare all’atomo, perché volenti o nolenti si è alla mercé di ciò che accade oltre-frontiera. Come dimostrano i piani di evacuazione, in caso d’incidente, sta peggio chi risiede vicino alle centrali. Non chi sta lontano.
Inoltre è ancora più sbagliato insistere troppo sui pur corretti ragionamenti di tipo economico-ecologico. Visti i progetti italiani, fa solo sorridere chi ripete che il petrolio costa troppo e che bisogna rendersi indipendenti dagli inquinantissimi e non illimitati combustibili fossili. I trenta miliardi di euro che si vogliono investire nei nuovi impianti riusciranno forse a essere produttivi tra 15 anni. Considerati i tempi tecnici e quelli legati alla nostra burocrazia è velleitario pensare che i reattori italo-francesi possano entrare in funzione prima. E sorprende che in pochi sottolineino (lo fa però Emma Bonino) come una volta accesi serviranno per coprire solo il 4 per cento del fabbisogno energetico del Belpaese.
Sarebbe dunque utile che qualcuno tra quelli che sostengono di essere al governo spiegasse ai cittadini cosa si intende fare nei prossimi tre lustri. Rimaniamo appesi ai voleri del Gheddafi o del Putin di turno? O magari ci attrezziamo con soluzioni alternative come accade in Germania e negli Stati Uniti?
I nostri sedicenti governanti lo faranno? Difficile crederlo. Anche se un colpo di scena è ancora possibile. Legato, purtroppo, non a una matura riflessione, ma ai sondaggi.
Il premier Silvio Berlusconi sa che se la situazione in Giappone (Dio non voglia) peggiora ancora, per lui i referendum di giugno si risolveranno in una clamorosa debacle. La possibilità che le consultazioni riescano a ottenere il quorum già adesso è concreta. E domani potrebbe esserlo ancor di più. Ma una sconfitta del genere un esecutivo debole come il suo non può permettersela. Specialmente perché i cittadini rischiano di bocciare non solo il nucleare e le norme sull’acqua privatizzata, ma pure la legge sul legittimo impedimento. Una norma che la Corte Costituzionale ha svuotato, ma che è una norma simbolo. Se gli elettori la cancellano, vuol dire che vogliono cancellare pure lui, l’amato premier.
Non per niente il presidente del Consiglio tace o parla d’altro. Sta cercando di capire come butta. Se il rischio quorum aumenterà ancora cercherà di correre ai ripari. Magari intervenendo per decreto. Berlusconi lascerà così il paese senza centrali. E ovviamente non metterà in piedi un vero piano di politica energetica alternativa. Ma almeno avrà tutto il tempo per occuparsi di ciò che per lui è davvero importante: le toghe e la giustizia.
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