mercoledì 2 marzo 2011

Silvio impunibile, sempre e comunque

É più di  un’immunità quella che Silvio Berlusconi chiede per sé in quanto premier e per qualsiasi ministro che venga inquisito dalla magistratura. I giuristi intorno al Cavaliere non solo vagheggiano, ma addirittura teorizzano che già esista, scritto in Costituzione e nella legge dell’89 che attua l’articolo 96 sulle prerogative per chi governa, un percorso alla fine del quale l’inchiesta non può andare avanti. Fulminata da un voto della Camera di appartenenza che pronuncia la magica parola: improcedibile.



Il meccanismo ipotizzato è perverso e ripristina un’immunità piena e totale, addirittura tombale, per chi siede a palazzo Chigi. Proviamo a raccontarla, per come la raccontano le teste d’uovo di Berlusconi. Se un ministro commette un reato, di qualunque natura esso sia, solo per il fatto di essere stato commesso da un membro dell’esecutivo, obbliga il pubblico ministero, come atto dovuto, a inviare le carte al tribunale dei ministri. Dice chi ogni giorno vede e ragiona con il premier: “Anche per sole 24 ore, ma questo è un passaggio obbligato, senza il quale il processo intero rischia la nullità”. A che serve il passaggio? A innescare la spirale dell’autorizzazione delle Camere. Non c’è via di scampo. Se il tribunale dei ministri, condotta la sua istruttoria, decide che il reato commesso è in effetti ministeriale, cioè compiuto dal soggetto-ministro in forza della sua carica, allora le Camere devono dare un’autorizzazione a procedere. Che, ovviamente, negheranno. Se il tribunale dovesse decidere all’opposto, che il delitto non è ministeriale, e quindi può procedere la magistratura ordinaria, comunque anche in questo passaggio le Camere debbono esprimersi sulla “ministerialità” del reato. In quel caso riconoscendola, e negando di nuovo l’autorizzazione a indagare con una delibera di non procedibilità.
Diabolico. Totalmente protettivo. Più di uno scudo. Il Parlamento veste i panni del giudice, della Cassazione, della Consulta. Fa e disfa sulla natura dei reati. La certezza dell’impunità. Il percorso appena iniziato da Berlusconi alla Camera con il conflitto di attribuzioni alla Consulta per riconoscere la ministerialità del suo reato persegue solo quest’obiettivo. Comunque vada, alla fine della strada del caso Rubygate c’è una Camera dei deputati che DEVE decidere in una sola direzione. Questa: quando il premier ha chiamato la questura di Milano per ottenere la liberazione della sua “fidanzata” Ruby ha commesso un reato ministeriale perché la considerava nipote di Mubarak e voleva evitare un conflitto diplonatico. Se il reato è dunque ministeriale la Camera nega che si possa perseguire. Punto. Chiuso. Fine.

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