(di Conchita De Gregorio su L'Unità) - nella seconda parte alcune riflessioni sulla necessità di ricambio generazionale.
Sui giornali stranieri della politica estera italiana non c’è traccia. Non che questo ci stupisca, ormai. Sappiamo bene che la politica estera italiana non esiste, essendo stata affidata al maestro di sci dei figli maggiori del presidente del Consiglio e di fatto subordinata agli interessi, ai capricci e alle infantili manie di grandezza del Titolare. Il quale, ed anche questo lo sappiamo in una misura che supera l’assuefazione, non conosce altra tecnica di persuasione che non sia quella fondata sul potere d’acquisto. Paga. Qualsiasi cosa e chiunque. Compra benevolenza e silenzio, voti e amicizia. Dopo la sceneggiata della villa comprata su Internet a Lampedusa si accinge adesso a sbarcare a Tunisi con la valigia piena di miliardi per inaugurare sullo scenario diplomatico mondiale una nuova tecnica di contenimento e regolazione dei flussi migratori: pagare il governo di Tunisi perché impedisca alla gente di partire. Del resto dev’essere per questo che con Gheddafi si intendono alla perfezione: anche il Rais aveva chiesto soldi in cambio della vigilanza alle frontiere, con minaccia esplicita annessa al ricatto...
Quel che fa specie è che l’opinione pubblica europea e mondiale ignora non solo le pittoresche e primitive tecniche del magnate in fatto di relazioni internazionali ma anche i fatti di cronaca che riguardano il paese più esposto, di fatto e per motivi semplicemente geografici, all’ondata migratoria. Settanta morti non valgono neppure una breve. L’invasione di Lampedusa con il grottesco spettacolo di un governo che manda navi troppo grandi per attraccare in quel piccolo molo non meritano neppure più il cenno di un comico oltreoceano. Tanto si sa, che l’Italia è così. Si aspetta la prossima barzelletta oscena, la prossima minorenne nipote di Putin per riderci su. I più seri fra gli osservatori internazionali, quelli che ancora non disperano in un guizzo del paese che nel passato è stato modello e stimolo per le gracili democrazie non solo europee, si chiedono che cosa debba ancora succedere perché gli italiani reagiscano, e se mai reagiranno. Si interrogano le figure emergenti dell’opposizione per sapere se esista e come si stia attrezzando, eventualmente, l’opposizione. Ieri «el Pais» dedicava una pagina a Susanna Camusso, che a precisa domanda sull’inconsistenza dell’opposizione politica rispondeva che la sinistra ha lasciato da tempo alla destra il privilegio dell’ideologia. È una risposta alta e nobile. In concreto e in pratica c’è un problema di stagnazione che riguarda molto da vicino il tema del ricambio della classe dirigente. Ci siamo lasciati ieri qui parlando del congedo dalla politica di Zapatero, cinquantenne che ha debuttato come segretario del Psoe a quarant’anni. Una delle favorite per la successione è Carme Chacòn, attuale ministro, che 40 anni li ha appena compiuti. Quarant’anni aveva Felipe Gonzalez quando prese la guida del paese, in un tempo ormai remoto. Non è solo un fatto anagrafico, certo. Non basta aver trent’anni o quaranta per assicurare qualità di azione e di proposta. Spesso anzi, purtroppo, i più giovani sono solo pallidi cloni dei loro referenti politici. Non sempre però. E certo gioverebbe all’Italia, in un momento di stagnazione come questo, l’avanzata di una generazione nuova, all’opposizione, che sapesse opporre alle ragioni dei soldi quella degli ideali e delle passioni in un modo credibile e autentico, credibile perché autentico. Gioverebbe al paese che l’alternativa ad un vecchio miliardario ossessionato dalle sue debolezze fosse costituita da un gruppo di giovani ricchi solo dei loro progetti, capaci di vedere e di indicare, oltre la palude, un futuro.
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