mercoledì 27 aprile 2011

L'ITALIA E' GIA' A RISCHIO NUCLEARE

Forse non tutti ce l'hanno in mente, specie dopo che i giapponesi hanno ammesso che Fukushima è stata un'altra Chernobyl, livello 7 di pericolosità. Ma il fatto è che l'Italia è ancora un paese nucleare. E' vero che le quattro centrali non producono più un chilowattora dal referendum del 1987. Ma ciò non significa che siano libere da scorie e radiazioni. Non solo: accanto alle ex centrali, ci sono i laboratori e poi gli impianti di fabbricazione e riprocessamento di combustibile nucleare, ormai dismessi e trasformati in depositi di scorie.
L'inventario radioattivo nazionale conta, infine, alcune "piscine", dove stanno a mollo le barre di combustibile irraggiato (e ancora fortemente radioattivo) estratte dai vecchi reattori, in attesa di prendere la via del riprocessamento a La Hague (Francia) o a Sellafield (Regno Unito). Essenzialmente, insomma, stazionano sulla penisola 100 mila metri cubi di spazzatura radioattiva, con tempi di decadimento che vanno da qualche mese o anno (i rifiuti della medicina nucleare) a centinaia di migliaia di anni (il plutonio).

Mettere in sicurezza il nucleare del passato ci costerà almeno 4,5 miliardi di euro, in parte prelevati dalle bollette (alla voce A2), che la società incaricata Sogin sta spendendo per smantellare le centrali e neutralizzare i rifiuti. Il tutto dovrebbe essere terminato entro il 2020, anno in cui gli impianti francesi e britannici cominceranno a restituirci ben impacchettate le scorie derivanti dal riprocessamento del combustibile esaurito. Leggiamo allora questa mappa del "nucleare reale" italiano, lungo l'itinerario suggerito il 25 giugno 2003 dall'allora capo del Sismi Niccolò Pollari alla commissione Ciclo dei rifiuti della Camera. La paura di al Qaeda aveva acceso i riflettori sui potenziali bersagli di un attacco terroristico in Italia, e il generale stilava una "classifica di pericolosità" dei siti nucleari italiani. Eccola.La piscina di Avogadro. In cima alla classifica c'è Saluggia, un piccolo centro in provincia di Vercelli che ospita l'impianto Eurex e il deposito Avogadro. Il primo, realizzato nel 1965, serviva per il riprocessamento dei combustibili dei reattori di ricerca, poi trasformato in deposito di rifiuti radioattivi. Avogadro, invece, è uno dei primi reattori di ricerca italiani, costruito dalla Fiat negli anni Cinquanta e successivamente trasformato in deposito. "Se misuriamo i rifiuti del nucleare non in volume ma in quantità di radiazioni, a Saluggia si trova l'85 per cento del totale", spiega Gian Piero Godio, di Legambiente. Nella vecchia piscina di Avogadro stanno immersi gli elementi di combustibile irraggiato provenienti dalle centrali di Trino Vercellese, Latina e Garigliano. Ma a preoccupare è il deposito Eurex, dove stazionano i fusti di rifiuti liquidi ad altissima radioattività (230 metri cubi)...

 Una bomba ecologica a soli 20 metri dalla Dora Baltea e a 1.600 metri dall'acquedotto del Monferrato. L'alluvione della Dora del 2000 aveva lambito il centro: pochi metri in più e sarebbe stata una catastrofe. Tanto che il Nobel Carlo Rubbia ha detto che durante l'alluvione "abbiamo corso un rischio planetario", con miliardi di Bequerel di radioattività sparsi dal Po in tutta la Pianura Padana. Dopo varie vicissitudini e ritardi, la Sogin, attuale proprietaria del complesso di Saluggia, ha pubblicato il bando per la costruzione di un impianto di cementazione per mettere finalmente in sicurezza i rifiuti liquidi. 



Pericolo americano. Se i rifiuti liquidi sono i più pericolosi perché a rischio di finire nella falda, nella classifica di pericolosità segue il Centro Itrec di Trisaia, a Rotondella (Matera). Costruito a fine anni Sessanta come impianto di trattamento del combustibile del ciclo Uranio-Torio, oggi deve vedersela con 64 barre ad alta radioattività provenienti dalla centrale statunitense di Elk River. "Sono immerse dagli anni Sessanta in una piscina e non sono mai più ripartite alla volta dell'America, che di fatto non le rivuole indietro. E non si sa bene come trattarle", spiega Giorgio Ferrari, che ha lavorato all'Ufficio Reattore dell'Enel dal 1964 al 1987, dove si occupava di combustibile nucleare: "La piscina di Trisaia è un problema, così come sono un problema i rifiuti liquidi derivanti dal trattamento di altre 20 barre di Elk River e che ora stanno in fusti, in attesa di essere cementificati". La Sogin ha promesso di pulire Trisaia entro il 2019. Ma a oggi restano, come ha raccontato Roberto Rossi nel suo "Bidone nucleare" (appena uscito con la Bur), le inchieste aperte dalla Procura di Potenza su presunti trafugamenti di combustibile e scorie dal centro, in cui sarebbe coinvolta la malavita organizzata.
(da L'Espresso)

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