sabato 23 aprile 2011

IL SECONDO LIVELLO

(da L'Unità, fondo di Concita de Gregorio)

Cinque minuti di gloria per ciascuno. Dopo l’eroico harakiri di Roberto Lassini, il pdl milanese costretto a ritirarsi per aver “citato le parole di Berlusconi” nei manifesti “via le Br dalle Procure” definiti “ignobili” da Napolitano il martire del partito dell’Amore di oggi è Remigio Ceroni, ardimentoso sindaco di Rapagnano, provincia di Fermo, ex Dc e fondatore di Forza Italia nelle Marche. È del tutto evidente che si tratta di una gara a chi la spara più grossa, a chi si mette in miglior luce col capo, una gara del tutto simile a quella fra le ragazze di Arcore che però usano all’uopo divise da infermiera e da poliziotta e agiscono di notte. I maschi, di giorno, si combattono il posto da favorito a colpi di manifesti emendamenti e proposte di legge ritagliate sulla silhouette del capo come una muta da sub. Remigio Ceroni, di formazione sociologo, ha nientepopodimeno che riscritto l’articolo 1 della Costituzione. Lo ha fatto per chiarire che la sovranità «non appartiene al popolo» ma al Parlamento, «titolare supremo della rappresentanza politica della volontà popolare». L’obiettivo è quello di sancire in modo solenne il refrain con cui Silvio B. si difende da ogni tipo di accusa: mi hanno votato, perciò faccio come voglio.

Si potrebbe obiettare che la volontà popolare con un parlamento di nominati dai partiti c’entra relativamente, sarebbe semmai opportuno cambiare la legge elettorale. Ma saremmo, se obiettassimo, già caduti nella trappola. Che un oscuro peone proponga di modificare l’articolo 1 della Costituzione è una solenne corbelleria, un’uscita ad effetto buona per gli allocchi, una boiata pazzesca. Meriterebbe di essere ignorata come tale. Tutti sanno - dovrebbero, almeno: Ceroni senz’altro dovrebbe - quali e quanti siano i vincoli per le modifiche costituzionali, cambiare l’articolo 1 è nei fatti e nelle disastrose condizioni politiche (e culturali) in cui ci troviamo impossibile. La trappola è fare in modo che se ne discuta come di un argomento qualsiasi, che diventi tema da talk show, che chiunque pensi che davvero si può prendere la prima parte della Costituzione e cambiarla come dice Ceroni. Sdoganare l’argomento, renderlo familiare agli ascoltatori del Tg1 e della Prova del Cuoco, fare in modo che rapidamente entri tra gli spezzoni di frasi orecchiate e orecchiabili tipo chi sarà il prossimo allenatore della Roma, quanto fa male/bene la dieta a base di proteine, chi sarà lo stilista di Kate alle nozze.
Questo per il grande pubblico. Per gli addetti ai lavori c’è poi un secondo livello di trappola, come nei videogiochi. Nel mirino, l’obiettivo nemmeno tanto nascosto è il Presidente della Repubblica. Il tentativo è quello di provocare Napolitano fino al punto di farlo reagire, di farlo rispondere a tono in modo tale da poterlo additare dal minuto dopo come una «controparte politica». Di trascinarlo nella rissa, insomma, e di farne un nemico politico. Così da poter dimostrare, quando dovesse fare obiezioni sulle più sconce fra le loro leggi, che lo fa perché - proprio come i magistrati - è di parte. È l’avversario. Sono settimane, mesi che ci provano in ogni modo. I giornali della real casa, Ferrara nel suo programma dell’altro ieri e poi sul suo Foglio, persino il Tempo che si è messo ad evocare Cossiga. Solo la Lega sembra tenersi fuori dal tiro al bersaglio, e già difatti hanno cominciato a fare a Bossi i conti in tasca. Gira e rigira sempre lì batte la mano di colui che promette e minaccia: al portafogli.

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