giovedì 16 dicembre 2010

E DOMANI COSA ACCADRA'?

Vi proponiamo due articoli di oggi, il primo di La Repubblica e a seguire il secondo tratto da Il Fatto Quotidiano.
Sono due interpretazioni delle dinamiche politiche da oggi in poi, interessanti da contrapporre, perchè Repubblica parla del nascente Terzo Polo, Cosa Bianca, antiberlusconiana, destinata ad occupare il Centro dello schieramento e quindi a sospingere il Cavaliere "altrove". L'articolo de Il Fatto invece racconta di come Silvio si stia muovendo ancora una volta per spiazzare l'avversario, invadendo il suo campo: abbandonare il Pdl e creare un ennesimo nuovo Partito, una nuova Democrazia Cristiana, saldamente di Centro (che folla!), che tolga da subito ogni spazio al nascente Terzo Polo.

m.giannini@repubblica.it  16 dicembre

Sono bastate appena ventiquattrore, per capire quanto sia posticcio lo "straordinario trionfo" ottenuto l'altroieri da Silvio Berlusconi ai danni del suo nemico Gianfranco Fini. Appena ventiquattrore, per toccare con mano quanto sia fragile la Bastiglia forzaleghista nella quale il premier si trincera, fingendo di voler governare il Paese "fino alla fine della legislatura". Nel dolceamaro "day after" dell'ordalia del 14 dicembre, il presidente del Consiglio deve prendere atto che quella prova di forza (che pure c'è stata e che pure ha superato di strettissima misura) non solo non serve ad annientare l'opposizione disarticolata del centrosinistra, ma produce come reazione immediata la nascita di un'opposizione strutturata di centrodestra...
Il battesimo ufficiale del Terzo Polo tra Fli, Udc, Api e Mpa cambia profondamente il panorama politico di metà legislatura. È una risposta politica dell'area moderata anti-berlusconiana alla vittoria aritmetica della destra radicale berlusconiana. Ed è significativo che quella risposta arrivi immediatamente dopo che il Cavaliere ha riaperto il borsino della compravendita dei parlamentari, rivelando una transumanza collettiva di numerosi esponenti di Fli e annunciando un "porta a porta" individuale con singoli esponenti dell'Udc. 

Lo slogan sul quale poggia la pubblicità ingannevole del premier, che per questa via si spaccia agli italiani come un "leader rafforzato", è "allargare la maggioranza". Obiettivo facile, a suo dire, per chi ha appena sconfitto i traditori e per questo diventa una calamita che attrae i pentiti, invece di respingere i transfughi. La verità è esattamente l'opposto. L'allargamento della maggioranza, per il premier, non è il test della sua ritrovata forza, ma la prova della sua moltiplicata debolezza. Non è un atto di generosità, ma di necessità. Con tre voti di scarto, il governo Berlusconi-Scilipoti non va da nessuna parte. Per questo, e con la sola stampella della Lega, getta un ponte verso il centro. 



Ma la novità è che il centro ha già mollato gli ormeggi. La nascita del Polo della Nazione è un altro effetto della vittoria di Pirro berlusconiana. Piuttosto che terremotare il campo di Futuro e Libertà, raccogliendo le macerie a suo vantaggio, Berlusconi ha spinto definitivamente Fini nella faglia in movimento del Nuovo Centro. Ha gettato cioè l'ex co-fondatore del Pdl nelle braccia di Casini, che insieme a Rutelli e Lombardo possono annunciare oggi la nascita di un coordinamento tra i parlamentari, domani il varo di un unico gruppo parlamentare, e magari dopodomani la formazione di una lista unitaria e più in là, chissà, di un vero e proprio partito. 

Il PdN si configura dunque non come "costola", ma come alternativa assoluta al Pdl. E con questa prospettiva, non più teorica ma pratica, il Terzo Polo si blinda: la sua costituency parlamentare appare oggettivamente meno permeabile alle lusinghe del Cavaliere. In qualunque forma si materializzino: mutui o poltrone. Così muta la geo-politica del Paese, che assume un assetto tendenzialmente tripolare. Anche questo è un esito della battaglia di martedì scorso, oltre che della più generale deriva populista e tecnicamente eversiva del berlusconismo. Pessimo risultato, anche dal punto di vista del Cavaliere: da alfiere irriducibile del bipolarismo, diventa il maieuta involontario del tripolarismo. 

Vuole allargare la maggioranza. Per ora è riuscito ad allargare l'opposizione. Dopo il 13 aprile 2008, alla Camera aveva "contro" 276 parlamentari. Ora ne ha contro 311. Questa è la dura realtà di una maggioranza che si pretende tuttora autosufficiente. Il PdN potrà anche sembrare l'ultimo "fortino degli sconfitti". Potrà anche apparire velleitario in un'Italia in cui, dalla virata maggioritaria indotta dai referendum dei primi anni '90, le terze forze non hanno mai goduto di particolari fortune. Potrà persino risultare nefasto, per chi ricorda la sciagurata politica andreottiana dei due forni all'epoca della Prima Repubblica. Ma resta il fatto che dietro ai sacchi di sabbia della trincea appena costruita, l'artiglieria terzopolista può fare danni incalcolabili, nei confronti di Berlusconi e di quel che resta della sua coalizione. 

Li può fare a legislatura vigente. Molto più di quanto non dimostri la rigida ed eccezionale aritmetica del voto di fiducia dell'altroieri. Quel 314 a 311 a favore della maggioranza è infatti una situazione unica e irripetibile. Un esempio: nell'attuale perimetro Pdl-Lega ci sono almeno 30 parlamentari che sono anche ministri e sottosegretari, e che dunque sono spesso assenti dall'aula per impegni istituzionali e internazionali. Nella fisiologia dei lavori parlamentari, la maggioranza non sarà materialmente in grado di schierare stabilmente i suoi 314 effettivi alla Camera, e i suoi 162 al Senato. Per questo la neonata opposizione di centrodestra, insieme all'opposizione di centrosinistra, ha sulla carta i numeri sufficienti per mandare sotto il governo sulla mozione di sfiducia a Bondi o su quella per il pluralismo radiotelevisivo, sul disegno di legge Gelmini per l'università o sul decreto legge s per i rifiuti. 

Ma il PdN può fare danni irreparabili anche nella prospettiva delle elezioni anticipate. Con l'attuale legge elettorale il Terzo Polo sarebbe ininfluente alla Camera, dove non potrebbe arrivare comunque primo rispetto al Pdl e al Pd, e dunque non potrebbe in alcun modo incassare il colossale premio di maggioranza garantito dal Porcellum. Ma sarebbe decisivo al Senato, dove il premio di maggioranza è su base regionale, dove non gioca il fattore "voto utile" e dove la soglia di sbarramento per i partiti coalizzati è solo del 3%. Dunque in questo caso, almeno a Palazzo Madama, il Terzo Polo sarebbe decisivo. Una lista unitaria Fini-Casini-Rutelli-Lombardo raggiungerebbe un risultato sicuro: farebbe perdere Berlusconi, che con la sola maggioranza alla Camera non potrebbe tornare al governo del Paese. 

Non sappiamo quanto filo da tessere avrà la Cosa Bianca, che è forse ancora informe, ma che certo è già conforme all'idea di un "altro centrodestra". Una formazione davvero moderata e finalmente costituzionale, ormai avversaria conclamata della destra estremista di Berlusconi e Bossi, che può avere a cuore l'interesse nazionale, e non più quello di un singolo. E con la quale persino il Pd può dialogare senza pregiudizi, per provare almeno a riscrivere un modello di legge elettorale e un programma di messa in sicurezza dell'economia del Paese. Una cosa è certa: questo Cavaliere, con il suo "governo del Cepu", non può farcela.



Da Il Fatto Quotidiano

Un grande centro che ricomponga l’area moderata e si richiami al Partito popolare europeo. Un ritorno alla Democrazia Cristiana in stile Forza Italia. Questo è l’obiettivo di Silvio Berlusconi che ha già affidato all’ex ministro Claudio Scajola il compito di strutturare il nuovo partito, valorizzando e ripartendo proprio dagli ex scudocrociati, trovargli un nome e un simbolo che si rifacciano allo spirito della Balena Bianca. Deve essere tutto pronto entro metà gennaio per pianificare la campagna elettorale nei minimi dettagli e, soprattutto, abbandonare il Pdl così da non rischiare eventuali problemi per l’uso del simbolo di cui Gianfranco Fini ha già rivendicato diritti di paternità. E Scajola sta già lavorando in vista delle elezioni che, con ogni probabilità, si terranno entro primavera.

Partendo dalla fiducia di ieri “dobbiamo costruire un partito che passi dalla provvisorietà alla organicità; dobbiamo riorganizzare le cose, lavorare per il rinnovamento realizzando una grande area di centro”, ha detto l’ex ministro. L’invito l’ha ufficializzato lo stesso premier negli ultimi giorni, rivolgendosi a tutte “le forze moderate che oggi ritroviamo oltre che nel Pdl, nella Lega, nel Fli e nell’Udc” e ai “democristiani di sinistra che ora sono nel Pd”. L’intento, ha detto Berlusconi, è condividere “un patto di legislatura per garantire coerenza e continuità con il programma elettorale e con le scelte condivise”. La maggioranza risicata alla Camera ha bisogno di appoggi esterni, in vista dei passaggi decisivi come la mozione di sfiducia ai ministri Sandro Bondi e Roberto Calderoli. Così, ai Moffa e Siliquini, usciti da Fli e passati al gruppo Misto, se ne aggiungeranno altri. E tutti entreranno poi nel nuovo partito, la Dc berlusconiana.

Scajola, oltre a cercare delusi in Fli, sta lavorando ai fianchi i moderati del Partito Democratico persuadendoli dell’inevitabile svolta del Pd verso posizioni vicine a Nichi Vendola. Il compito di “pescare” nell’Udc è stato affidato ai democratici cristiani del Pdl capitanati da Gianfranco Rotondi e Carlo Giovanardi. I due hanno formulato oggi un invito aperto ai centristi di Casini. “L’Udc non può non stare nell’area moderata, assieme a tutti coloro che militano nel Ppe, che è naturalmente alternativo alla sinistra. D’altra parte anche nuove forme di futurismo laicista proprie di una piccola ‘destra di sinistra’, sono altrettanto distante anni luce dalla cultura politica comune all’Udc, e l’entrata di personalità laiciste come Boselli nell’Api, accentuano ancora di più tale deriva in un eventuale terzo polo”, hanno scritto i democratici cristiani.

L’intoppo del progetto berlusconiano di resuscitare la Balena bianca andreottiana, è rappresentato dal nascente terzo polo: Api, Udc, Fli, Mpa (Leggi l’articolo). Oggi si sono riuniti a Roma Gianfranco Fini, con Italo Bocchino e Adolfo Urso; Pier Ferdinando Casini, con Lorenzo Cesa, Rocco Buttiglione e Savino Pezzotta; Francesco Rutelli, con Bruno Tabacci; Giorgio La Malfa, Italo Tanoni (dei liberaldemocratici), Giovanni Pistorio, in rappresentanza del Movimento per le autonomie. Presente anche Paolo Guzzanti. “Da oggi – ha sintetizzato Urso a margine dell’incontro – queste forze si uniscono in un unico polo e da domani opereranno insieme in Parlamento e nel Paese. Ci comporteremo in modo responsabile ed esamineremo in Parlamento ogni proposta senza pregiudizi”. Un terzo polo battezzato dalle sue anime in modo diverso. Per Buttiglione è “moderato, centrista e democratico”, mentre l’area di Fli festeggia la nascita della “destra deberlusconizzata”. Tante anime, dunque, in cui Scajola e Rotondi facilmente pescheranno nelle prossime settimane per portarli se non nella maggioranza attuale, nel nascente nuovo partito. Buttiglione sa che il rischio è reale e cita una frase pronunciata da Benjamin Franklin: “O stiamo tutti insieme o ci impiccano uno per uno”. Il reclutamento per il nuovo partito troverà molte forze anche nel limbo del gruppo Misto. Ci sono 41 deputati, un’enormità, di cui più della metà provenienti dal Pdl e pronti a tornare nelle grazie di Berlusconi.

A sondare gli animi è stato incaricato anche Mario Mantovani. Il sottosegretario di Stato alle infrastrutture, che lasciò il seggio di europarlamentare a Iva Zanicchi, dal prossimo gennaio prenderà le redini del Pdl in Lombardia al posto di Guido Podestà. L’incarico è già deciso e previsto da tempo ma la riorganizzazione del partito è stata rimandata a dopo il voto di fiducia. Mantovani, ex democristiano, è un fedelissimo di Berlusconi. Su incarico del premier diede vita all’esercito dei 120 mila “difensori del voto” che nel 2008 presidiarono i seggi. Mantovani è profondamente legato al premier. Quando la madre del Cavaliere morì, l’ormai sottosegretario realizzò un monumento dedicato a mamma Rosa ad Arconate, paese del milanese dove era stato sindaco. Così il premier si è rivolto a lui per riallacciare le fila con il mondo cattolico che in Lombardia si sta allontanando dal Pdl. L’ex ministro scudocrociato Maria Filippo Pandolfi, ad esempio, oggi è nel Partito Democratico. Lo stesso Pandolfi che Berlusconi, in un’intervista rilasciata nel 1977 a Mario Pirani, indicava come un modello politico. “La vera alternativa è nella Dc”, diceva allora. Onorevoli come Mario Segni e Pandolfi “sono politici che si sanno presentare in modo chiaro e immediato, facendosi capire dalla gente, e non come Moro, che ogni volta che apre bocca ci vuole un esercito di esegeti per interpretarlo. Questi capi storici hanno il culo per terra ma ingombrano la porta”. Ecco, Berlusconi vuole liberare quella porta creando un nuovo partito moderato: la vecchia Dc.

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