da L'Unità, Conchita di Gregorio
Proviamo a mettere a fuoco il quadro dalla giusta distanza prescindendo per un momento dal mercato quotidiano dei voti, dalla contrattazione che porta parlamentari sconosciuti e disperati ad uscire e rientrare dalla maggioranza al ritmo di un cambio al mese, ciclo mensile determinato dal periodico riallineamento dei pianeti e dei satelliti politici rispetto al Sole, obbedienti al suo calore e al suo potere d’acquisto. Sono dettagli: può arrivare a 325 un giorno, non può campare così un anno. Non sotto il ricatto dei carneade di Castelnuovo di Sotto che chiedono in cambio la bretella autostradale, il parco naturale, il sottosegretariato, il concorso bandito apposta e vinto a priori per il figlio. È già ricattato abbastanza dalle adolescenti del bacino del mediterraneo immigrate ad Arcore in cerca di fortuna.
Fatti due passi indietro, invece, si vedrà meglio la scena. Si osserverà che due sono i fatti davvero nuovi delle ultime settimane, due mutamenti profondi cresciuti nei mesi che si manifestano oggi con grande evidenza.
Parlo delle donne, dei cattolici. Quel che può davvero mettere in crisi il berlusconismo e colui che lo incarna è un movimento di opinione capace di tradursi in voto, un diverso assetto di due soggetti collettivi di formidabile forza d’urto. Il giorno in cui le donne e i cattolici (e le donne cattoliche, smacco al quadrato) volteranno le spalle al Satrapo non ci sarà scudo né processo né legge ad personam che tenga. Sarà, ben più del 6 aprile, il giorno del giudizio: sarà il giorno del risveglio dell’Italia. Le donne le abbiamo viste in piazza domenica. Donne di ogni schieramento. Suore, a proposito di cattoliche. Donne del sindacato e dell’impresa. I devoti che vanno a Messa la domenica e trovano in chiesa la copia di Famiglia Cristiana non saranno tutti sulle posizioni del parroco di Mogliano e di quello di Pinerolo – che invitano i loro parrocchiani a leggere le parole del nostro giornale, a proposito di donne e di dignità – ma sono comunque molto, molto scettici. Sinceramente delusi e distanti. Silvio B. lo sa, difatti ha iniziato a far la sola cosa che sa fare: nuova propaganda, cartelloni per strada e copertine per dire che la famiglia italiana la rappresenta lui. Rosi Bindi è una donna, è cattolica, è una politica di lungo corso, è quella che “non sono a sua disposizione”. In piazza, domenica a Roma, è stata accolta da un’ovazione. Non ci vuole uno stratega a capire che – come dice Susanna Camusso – guiderà il paese chi saprà dare rappresentanza alle istanze del 13 febbraio. Ci vogliono donne in politica.
Ci vuole una donna alla guida, adesso. Sempre, quando una candidatura emerge, un certo numero di colli attorno si irrigidiscono. È il pericolo che il comitato organizzatore del 13 ha scansato con bravura: fare squadra, tenere un passo indietro chi ha la forza di spingere. Oggi è il momento di farlo di nuovo. Rosi Bindi parlerà alle donne del Pd, nel pomeriggio, per dire che da domenica non si torna indietro, che si vince se si parla anche all’altra parte e la si convince. Ponte, dialogo, rete. Ieri Isabella Rauti proponeva qui, all’Unità, proprio questo: parliamone, poi dopo ciascuna tornerà a casa sua, ma oggi facciamolo insieme. Le risponde Giulia Rodano. Arriviamo all’8 marzo così, alziamo la voce e facciamoci sentire forte, di nuovo, presto.