L'intervento di Rosy Bindi alla Conferenza delle donne democratiche
Care democratiche e care sorelle d’Italia, benvenute a tutte! Auguro a ciascuna di noi due giorni di lavoro sereno, serio, fecondo.Come serio, sereno e fecondo è stato il lavoro che ci ha condotto fin qui e del quale dobbiamo ringraziare tante e soprattutto Roberta Agostani, alla quale formulo i migliori auguri anche per il lavoro futuro che l’attende.
Questa nostra Conferenza non potrebbe celebrarsi in un momento più opportuno. All’indomani di una grandissima e, unica nella storia del nostro paese, manifestazione di partecipazione popolare in nome della dignità della donna. Una manifestazione che si colloca nel solco di un lungo cammino delle donne che è ripreso e che non si fermerà. Non siamo emerse dal nulla e non torneremo in una condizione di invisibilità! Domenica, le donne non sono sbucate in strada e nelle piazze come funghi all’improvviso. Il malessere è profondo e cova da tempo. Un malessere culturale e sociale vissuto nell’esperienza quotidiana di milioni di donne che non hanno pari diritti, che non sono visibili e quindi non hanno pari dignità, che vedono ignorati i loro problemi, negate le loro potenzialità, mortificati i loro talenti... segue In piazza c’erano donne diversissime tra loro ma che avevano ben presenti i mille ostacoli che condizionano la loro vita: il lavoro negato e le discriminazioni sul lavoro, la mancanza di servizi, il lavoro di cura non riconosciuto, i ruoli standardizzati, la mercificazione dell’amore, la creatività invisibile, l’esclusione dalla politica. Noi non siamo altro da queste piazze, siamo parte di questa realtà che si è messa in movimento. Abbiamo fatto la nostra parte e faremo la nostra parte: quella della politica che sa che la sfida vera è la costruzione del futuro per uscire da questa fase difficile e drammatica per il nostro paese. E noi vogliamo interloquire con questo movimento.
Questa nostra Conferenza non è uno strumento di distribuzione del potere nel partito, è lo strumento con cui parlare alle donne del nostro paese. E perciò non poteva celebrarsi in un giorno più opportuno. E come tutti ci siamo riconosciuti nella grande manifestazione di domenica scorsa, il Pd si deve riconoscere in questa Conferenza.
Ci siamo riunite per parlare della situazione della nostra Italia, della nostra nazione. E il 17 marzo, dopo l’8 marzo, sarà un secondo momento di festa per noi e per le donne italiane che sono un fattore di unità profonda del paese. Il nostro partito ha richiamato da tempo la drammaticità della situazione economica e sociale, e abbiamo tenuto unita questa emergenza con l’emergenza civile ed etica. Dobbiamo far sentire con forza, anche da questa Conferenza la richiesta di dimissioni del Presidente del Consiglio contenuta nella raccolta di firme avviata dal Pd: Berlusconi se ne deve andare! Le donne del Pd devono gridarlo forte, con dignità e fermezza. Lo devono fare in continuità e anche in discontinuità, come sempre avviene nella storia, con le lotte di emancipazione e di liberazione delle donne. Non siamo in contraddizione con noi stesse, cara sottosegretaria! La dignità e libertà femminile, anche la libertà sessuale rivendicata dal femminismo italiano, sono state un motore di autonomia e non di nuova subalternità, di nuova dipendenza e di mercificazione dei corpi. E sono ora il fondamento della nostra lotta per affrancarci dalla dipendenza dell’imperatore e del sultano di turno. A testa, perciò, alta solleviamo il tema dell’etica pubblica. Non perché siamo moraliste e bacchettone! E come ieri non abbiamo diviso le donne tra sante e malefemmine, non lo facciamo neppure oggi! E a Ferrara che ci chiama “puritane” e che vorrebbe riscattare la città di Milano alla laicità liberale, laicamente ricordiamo che il presidente Berlusconi non è imputato per due peccati ma per due gravissimi reati e che solo il giudizio potrà stabilire la verità. E respingiamo la logica della doppia morale, anche quando è camuffata con il diritto di privacy. Non solo perché ha sempre penalizzato le donne ma perché fa male alla democrazia e all’Italia. Peraltro un po’ più di virtù private aiuterebbe la virtù pubblica di molti uomini pubblici. E certo non prendiamo lezioni di laicità da chi si è presentato alle elezioni con una lista che penalizzava e criminalizzava le donne.
Questa Conferenza si apre nel giorno giusto anche per recepire l’invito di Bersani ad essere tutti protagonisti dell’oltre Berlusconi. Le donne, collocando al centro della scena pubblica, il tema della dignità della persona e dei diritti hanno cominciato a scrivere una nuova agenda della politica. Hanno riempito di contenuti forti la voglia di riscatto e di futuro delle donne e di tutto paese. E sono convinta che protagoniste dell’oltre Berlusconi non potranno che essere le donne.
Ma questa Conferenza non poteva celebrarsi in un giorno più opportuno anche perché coincide con una vicenda che, mio malgrado, mi ha interessata e non credo ci sia sede più giusta per fare ulteriore chiarezza. Quale sede più opportuna – non un’intervista in tv o a un giornale – che un incontro di donne del mio partito? Voglio qui ringraziare tutti coloro che hanno espresso gradimento o comunque apprezzamento per la mia candidatura lanciata da Nichi Vendola ma vorrei anche ribadire alcuni punti fermi. Sono Presidente dell’Assemblea di un partito che ha una regola che condivido molto e che vorrei fosse rispettata da tutti: il candidato a Palazzo Chigi è il segretario del partito. Mi sono permessa di ricordarlo nei mesi passati quando imperversava il toto candidato e quando in molti erano alla ricerca di un papa straniero.
Condivido questa regola non in modo astratto o burocratico ma per le sue implicazioni politiche. Il Pd è un partito che ha un suo progetto, è capace di comunicare un programma di governo del paese, con la sua classe dirigente e la sua guida e con questa si presenta davanti agli elettori.E io sono convinta che il segretario Pierluigi Bersani ha tutte le qualità per guidare questo paese nell’oltre Berlusconi. Non ho mai invocato un papa straniero e men che meno lo faccio oggi. Altro punto fermo è la nostra proposta per far fronte all’emergenza democratica. L’Italia ha bisogno di voltare pagina e per questo indichiamo la necessità di una alleanza democratica, repubblicana, di responsabilità nazionale per rendere fecondo l’allargamento dell’opposizione. E ci dispiace che ancora ci sia chi si ostina a non capire. Ma è chiaro che il candidato migliore sarà chi è capace di tenere insieme e unita questa coalizione. Ringrazio Vendola che ha capito che bisogna costruire una grande coalizione. Lo ringrazio per il passo avanti che ha fatto in questa direzione e per il passo indietro che ha fatto sulla sua candidatura. Ma quando si compiono passi così importanti è necessario farlo gratuitamente, evitando di trasferire il problema in casa d’altri: il Pd non si lascerà dividere! E con Pierluigi non abbiamo avuto bisogno di scambiarci molte parole su questo. E bisognerebbe evitare ogni rischio di strumentalizzazione delle persone, soprattutto delle donne: E di una donna che continua a ripetere di non essere disponibile a essere strumentalizzata.
Spero che queste mie parole sia state chiare e rassicuranti anche per Renzi che potrà dedicarsi con più energie alla sua città. Abbiamo capito che Renzi è pronto a dire sì solo a Renzi, ma noi forse diremo no! La chiarezza delle mie parole, che vogliono essere rassicuranti per tutti, e la limpidezza delle mie intenzioni, impongono però di distinguere e separare questa vicenda dal messaggio che comunque è venuto dalle piazze di domenica. Quel “se non ora quando?” pone alla politica una questione che non possiamo elude. Quel “se non ora quando?” interpella anche noi, è un messaggio di cambiamento per la politica. Anche in Italia, come è accaduto in Germania, in Brasile, in Cile, in Argentina, in Africa, sta cadendo il tabù di una donna Presidente del Consiglio o Presidente della Repubblica. E noi dobbiamo farci i conti. E se c’è bisogno di una spallata bisogna fare in modo che avvenga. Molte delle manifestazioni di stima e di apprezzamento di questi giorni erano accompagnate dalla parola “Magari!” che suonava ancora solo come una possibilità. Ecco, vorrei che lavorassimo perché la nostra parola sia “Finalmente!”
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