«Non sono per niente preoccupato». Altro che fuoco e fiamme. Per rompere l’assedio Berlusconi si è imposto toni bassi. Ventiquattro ore dopo il rinvio a giudizio sul caso Ruby il Cavaliere rompe il silenzio. E stupisce un po’ tutti. Invece di dar fuoco alle polveri cambia discorso. Evitando di recitare il solito copione della vittima perseguitata dallamala giustizia. «Per amor di patria io di questo non parlo - così il premier risponde alla domanda sul punto - Posso dire soltanto che non sono per niente preoccupato». Due frasette e stop, come prevedeva «l’imput ferrariano» che spinge il premier a «spegnere i riflettori » dal processo che lo vedrà alla sbarra per concussione e prostituzione minorile. «Quei magistrati vogliono esporti alla pubblica gogna - hanno consigliato i fedelissimi - più che la condanna vogliono unprocesso mediatico in mondovisione ». L’unico modo per «non dar loro una mano è quello di concentrarti sull’azione di governo». E «più farai parlare bene di te come capo dell’esecutivo, più apparirà evidente il complotto ordito ai tuoi danni». ...segue
CON TREMONTI MALGRADO I SOSPETTI
Ieri, seduto accanto a Tremonti, nella sala stampa di Palazzo Chigi, il premier si è attenuto alla lezioncina impartitagli da Ferrara anche pubblicamente, dal palco milanese del teatro Dal Verme. E ha parlato soprattutto dell’intesa per la moratoria sui debiti delle imprese con le banche. Una invenzione tremontiana, questa. Una iniziativa, cioè, del ministro sospettato di voler fargli le scarpe. Silvio la sponsorizza di buon grado, impegnato com’è nella missione di dare nuovo smalto a se stesso e al suo governo. Il Cavaliere punta sull’economia e cerca di ingraziarsi banchieri e imprenditori. Anche questo unmodoper invertire il calo di popolarità registrato dai sondaggi. Ma il 6 Aprile non si presenterà nell’Aula del processo Ruby.
La «resistenza» per rompere l’assedio delle toghe che vogliono «disarcionarlo da Palazzo Chigi» prevede ricorsi, cavilli, opposizione del legittimoimpedimento, conflitto di attribuzione davanti alla Consulta, scontro sulla competenza di Milano e chi più ne ha più ne metta. Ma il Cavaliere seguirà i fatti che lo riguardano «dietro le quinte» senza «esporsi». Lascerà ad altri il compito delle iniziative parlamentari che gli torneranno utili. E affiderà agli avvocati una «difesa tecnica» che «non si lascerà sfuggire nulla». Il caso Ruby - promettono i fedelissimi del premier - «si trasformerà in un Vietnam per l’accusa». E «nonesiste la possibilità che in primavera si possa andare a sentenza». I fautori del processo breve affilano le armi per consentire al Cavaliere un dibattimento lunghissimo. E per allontanare il più possibile «una condannagià scritta, confezionata apposta per farlo dimettere». I toni bassi del premier, però, nascono dall’esigenza dinon dare pretesti al Quirinale che ventila lo scioglimento delle Camere contro paralisi e scontri.
LA LEGA È CON ME
Le preoccupazioni del Cavaliere sul Colle e su Bossi sono evidenti. Bersani che tenta il Carroccio? «Umberto è venuto a trovarmi con i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato, conil ministro Calderoli e la vice presidente del Senato Rosy Mauro - racconta il premier - Sono stati tutta la sera con me, dichiarandomi la loro vicinanza, la loro volontà di continuare con questo governo. Abbiamo fatto il punto sui nostri futuri programmi. Siamo quanto mai coesi e decisi a continuare la legislatura fino al suo termine naturale». Messaggio per Napolitano: il governo c’è e il Paese non rischia la paralisi. Messaggio per il Senatur che preme per il federalismo: «presto, in pochi giorni, arriveremo a 325 deputati alla Camera ».
Niente elezioni anticipate, quindi? «E che staremmo qui a parlare di economia?», replica il Cavaliere durante la conferenza stampa. «Se Silvio ha i numeri va avanti, altrimenti cade da solo», risponde Bossi a stretto giro di posta. E per i fedelissimi di Berlusconi non c’è nulla di «ambiguo » nelle parole del leader del Carroccio. Spostare i riflettori dai processi all’azione di governo, quindi. E il premier, «adesso che non c’è il freno di Fini», promette riforme. Quella della giustizia su tutte. E per battere sul chiodo fisso di Silvio le donne Pdl meditano di scendere in piazza per rispondere alla manifestazione «della sinistra». Berlusconi lascia fare. Come vuole Ferrara non si espone e non alza la voce. Ma sta dietro le quinte.
16 febbraio 2011
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