Martedì l'udienza pubblica sul legittimo impedimento. Giovedì la  sentenza della Corte Costituzionale. Mentre, tra lettere e interventi  della politica, i tentativi di condizionare i giudici si fanno più forti.
Per la terza volta dopo il lodo Schifani e il lodo Alfano la Corte  Costituzionale è chiamata a decidere se Silvio Berlusconi è un cittadino  uguale a tutti gli altri. La politica attende il verdetto con il fiato  sospeso. Se la legge sul legittimo impedimento, che impedisce di  processare il premier e tutti i ministri in carica, verrà dichiarata  incostituzionale per il Cavaliere ripartirà la stagione dei processi. A  partire da quello per la corruzione dell'avvocato David Mills, spinto a  dire il falso in cambio 600 mila dollari. Ma il presidente del Consiglio  non ne vuol sapere di finire di nuovo in tribunale. E così sulla  Consulta arrivano pressioni di ogni tipo. Se  in passato Berlusconi era uscito a cena con due componenti della Corte e  poi i suoi fedelissimi avevano contattato alcune toghe attraverso gli  uomini della P3 (leggi l'articolo), oggi si lavora  dall'interno. Con il giudice costituzionale Luigi Mazzella che ha  scritto una lettera ai colleghi caldeggiando la promozione della legge  ad personam. In più, viene messo sul piatto il ricatto politico: se  Berlusconi tornerà imputato gli italiani torneranno alle urne....
Non è servito a niente, come era prevedibile, aspettare che passasse il  fatidico 14 dicembre, giorno della controversa fiducia a Berlusconi. “Il  clima politico surriscaldato”, per usare le parole del presidente della  Consulta, Ugo De Siervo, è sempre rovente. Ora, come a dicembre, alla  Corte viene dato un peso politico che non dovrebbe e non vorrebbe avere.  Ma Bossi e la Lega si attaccano all’attuazione del federalismo e alla  sentenza (prevista giovedì) per rinunciare o invece trascinare al voto  anticipato Berlusconi. Martedì mattina ci sarà   l’udienza pubblica sul legittimo impedimento “ad premier e ministri”,  nel pomeriggio i giudici faranno (a porte chiuse),  quello che si chiama  un giro di tavolo, un confronto in vista della decisione,  dopo  settimane caratterizzate da pressioni e messaggi sulla “ delicatezza  della decisione per le sorti della legislatura e del Paese”.
I membri della Corte hanno anche ricevuto una lettera da parte di un  collega,  che è musica per le orecchie del Cavaliere. La missiva, che  caldeggia la costituzionalità dell’ultima norma ad personam,  approvata  per bloccare i processi di Berlusconi, è a firma di Luigi Mazzella.  Quel Mazzella che a pochi mesi dalla decisione sul lodo Alfano, nel  maggio 2009,  invitò a cena nel suo appartamento romano, il presidente  del Consiglio-imputato, il ministro Angelino Alfano, il sottosegretario Gianni Letta, il presidente della commissione affari costituzionali, Carlo Vizzini  e il giudice Paolo Maria Napolitano, anche lui componente della Consulta e promotore di una causa civile contro Di Pietro.
La posizione di Mazzella non è isolata, anche se minoritaria. Qualcun  altro della Corte vorrebbe la conferma del legittimo impedimento,  facendo leva sulla temporalità di una norma che scade a ottobre 2011.  Altrettanto minoritaria è la posizione di quei giudici che vorrebbero  bocciare la legge perché viola il principio di uguaglianza e perché già  il codice di procedura penale offre a tutti gli imputati (compreso  Berlusconi) di avvalersi del legittimo impedimento per far rinviare  un’udienza, se riconosciuto legittimo dal giudice. La maggioranza della  Corte, però, a quanto ci risulta, è per quella che possiamo definire una mediazione giuridica,  anche se non vuole sentir parlare di compromesso, ma di “legge  costituzionale solo se interpretata in un determinato modo”. Lontano  comunque, aggiungiamo noi, da quello degli avvocati del premier, Ghedini  e Longo o dell’avvocatura dello Stato che oggi renderanno pubbliche le  loro memorie a favore del legittimo impedimento ad hoc.
Se alla Consulta dovesse prevalere, come sembra, l’ipotesi di una  sentenza interpretativa, vorrebbe dire che respingerebbe i ricorsi dei  giudici milanesi dei processi Mediaset, Mills e Mediatrade, secondo i  quali la legge è incostituzionale, ma allo stesso tempo fisserebbe i  paletti: nessun automatismo del legittimo impedimento dietro un  certificato del segretario generale di Palazzo Chigi, fino a 6 mesi  consecutivi. Deve invece esserci la discrezionalità del giudice, tenendo  presente anche un pronunciamento già espresso dalla Consulta ai tempi  dei processi a carico di Cesare Previti. Nel “sindacare” sul legittimo  impedimento di un esponente politico,  il giudice deve conciliare  l’agenda degli impegni istituzionali con le esigenze del processo. Non è  escluso, però, che possa essere proclamata una  illegittimità parziale  della norma nella parte in cui riconosce come legittimo  impedimento le  “attività preparatorie e conseguenti nonché  le attività comunque  coessenziali alle funzioni di governo”. Il verdetto della Consulta dovrebbe essere emesso giovedì.  Mercoledì, invece, è fissata la discussione sull’ammissibilità di sei  referendum tra cui quello sull’abolizione del legittimo impedimento  speciale, promosso dall’Idv.
Un referendum  che non si terrebbe certamente soltanto nel caso in cui  la Corte dovesse bocciare la legge, come ha fatto con i “ lodi” Schifani  e Alfano. Ma se i giudici dovessero bocciarla parzialmente, allora  dovrà essere l’ufficio centrale della Cassazione a decidere sulla  possibilità di andare al voto. Se, invece, dovesse esserci la sentenza  che a oggi viene data per favorita, ovvero quella interpretativa di  rigetto, allora il referendum per abrogare il legittimo impedimento ci  sarà. E potrebbe svolgersi mentre sono comunque ripresi i processi  milanesi, con la difesa Ghedini-Longo che ogni volta  cercherà di bloccare il processo presentando gli impegni del premier. Ma  se la legge ridarà una certa discrezionalità ai giudici, potranno anche  respingere alcuni impedimenti. Insomma o per via della Consulta, o per  via referendaria,  Berlusconi potrebbe tornare ad essere un imputato come gli altri, o  quasi. Ma non si sa in quale veste, oltre che di imputato. Presidente del Consiglio o candidato?

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