CARO Direttore, il momento che vive il paese è tra i più drammatici che  l'Italia abbia mai conosciuto. La sensazione di sfarinamento delle  regole minime della vita civile, l'arroganza di chi detiene il potere,  la delegittimazione intollerabile del prestigio della nazione all'estero  si accompagnano ad una pericolosa sensazione di impotenza e di sfiducia  dei cittadini.
Un mondo sta finendo, un mondo durato diciassette  anni, che ha stravolto il paese senza introdurre una sola  modernizzazione. La vita politica è stata imprigionata dentro un'anomala  dialettica tutta negativa. Solo qui gli schieramenti e le esperienze di  governo si sono consumati esclusivamente "contro" impedendo al paese di  conoscere ciò che è suo diritto conoscere: riforme, modernizzazioni,  pagine nuove di giustizia sociale e diritti collettivi. Solo il primo  governo Prodi, con l'obiettivo dell'euro, è riuscito a mobilitare le  coscienze e dare al paese la sensazione di essere proiettato verso una  meta collettiva. Quel mondo sta finendo, ma non finisce. E anzi sta  abbarbicato ad istituzioni che si cerca di piegare ancora una volta a  ragioni meschinamente personali. Fino al punto di mettere in gioco il  destino stesso dell'Italia. Cinismo, da "avvelenatori di pozzi"...segue.. leggetela, contiene una proposta di mobilitazione interessante, realizzabile, e che è stata accolta con favore anche dalla opposizione di destra finiana.
Oggi  l'Italia è un paese stanco, sfibrato, nauseato. E la crisi bussa  violentemente alle porte delle famiglie trovando ragazzi imprigionati  nella trappola della precarietà, lavoratori in cassa integrazione,  piccoli imprenditori schiacciati da burocrazia e
stretta creditizia, talenti con la valigia in mano. E, in tutti,  una paura nuova per gli italiani. La paura del futuro. E la sensazione  che la politica sia non la soluzione, ma uno dei fattori della crisi.  Esiste il rischio che si faccia strada la frustrazione che, spesso,  genera radicalizzazione disperata. Dobbiamo evitarlo, tutti insieme.  Cercando di fare in modo che questa crisi devastante finisca, dando  spazio alle energie sane del paese. In questo momento molti elettori che  hanno votato per il centrodestra sentono un disagio profondo anche se  stentano a individuare un'alternativa credibile. 
Ora però è il  momento non di dividersi sul futuro. Ma di dare forza non alla rabbia ma  alla speranza. È ora che questo paese faccia sentire la sua voce. Il  paese che intraprende, il paese che ha talento, il paese che fatica, il  paese delle persone perbene, che sono tali indipendentemente dalle loro  opinioni e sensibilità culturali, civili, politiche. C'è una Italia  migliore di quella che domina la vita pubblica. Non un'altra Italia, ma  la nazione vera o larga parte di essa. So bene che anche le ultime  vicende ci raccontano di quanto siano arrivati in profondità i guasti  del berlusconismo. Ma non accetto la rassegnazione di chi dice che ormai  tutto il paese è perduto. Non è così. Ci sono energie immense. È semmai  la politica, chiusa in se stessa, che non riesce ad esprimerle e a  farle pesare.
Per questo penso che, per accelerare la  transizione, sia bene entri in campo la soggettività dei cittadini. Come  sta già avvenendo con le raccolte di firme e con appelli sottoscritti  sulla rete. Entri in campo prima che vincano rassegnazione o  radicalizzazione. Uscire da questo immobilismo malato, da questa  rissosità inconcludente è una esigenza avvertita dall'intero paese. E  allora mentre Berlusconi riunisce i suoi per scagliarsi contro i  magistrati e lanciare un'altra campagna di odio io credo che si apra uno  spazio grande e importante per mandare un messaggio nuovo e forte.  Sarebbe bello se tutte le forze politiche di opposizione, le  organizzazioni sindacali dei lavoratori e dell'impresa, i mezzi di  comunicazione e le associazioni del volontariato, i singoli cittadini  promuovessero una giornata di impegno civile nel nome dell'Italia che  crede nella democrazia, nelle regole, nel valore del lavoro e  dell'impresa, che vorrebbe solamente avere un paese dinamico, in cui  esista pluralismo, senso dello stato, rispetto reciproco. 
Un'altra  Italia, rispetto a quella violenta e inane di oggi. Un paese possibile.  Sarebbe allora bello se in uno stesso giorno, in una stessa ora, in  tutti gli ottomila comuni italiani, nessuno escluso, i cittadini si  riunissero nella piazza centrale, per dire "giriamo pagina, ritroviamo  l'Italia". Una manifestazione civile, non di parte. Senza bandiere,  senza comizi che possano dividere. Una grande festa della democrazia  italiana, in cui sia protagonista l'autorganizzazione civile. Un momento  fatto vivere dalle comunità dei cittadini. Occasioni nelle quali anche  un elettore deluso dal centrodestra si possa ritrovare. Sarebbe la più  grande manifestazione della storia italiana. In cui si attiverebbe un  protagonismo diffuso. Non organizzare il pullman per andare a Roma o a  Milano a sentire un comizio. Ma far vivere nella più piccola come nella  più grande piazza italiana l'indignazione e la speranza. 
Se a  Pieve di Soligo o a Mazara del Vallo, in quei luoghi meravigliosi che  sono le piazze dei comuni italiani, si ritrovassero, come è possibile,  milioni di persone, sarebbe anche il modo più bello di celebrare i  centocinquanta anni di questo grande paese. E far capire a tutti gli  italiani chi divide e semina odio e chi unisce e apre alla speranza. E  sono sicuro che ai luoghi fisici si aggiungerebbero migliaia di piazze  virtuali. "L'Italia in piazza", come si intitola lo splendido libro di  Mario Isnenghi, ha cambiato spesso il destino della nazione. Dimostriamo  che c'è un'Italia che ha solo voglia di girare pagina. Dimostriamo che  dopo il tempo di Berlusconi inizia il tempo degli italiani. Che vogliono  vivere il loro futuro in una comunità solidale, non in un saloon  rissoso.  
ROMA - "È ora di scendere in piazza". L'appello di  Walter Veltroni, lanciato ieri su Repubblica, viene accolto con  entusiasmo da Farefuturo. "Ha ragione chi dice che non è il momento di  dividersi sul futuro" scrive il direttore Filippo Rossi sul magazine  online della fondazione Farefuturo: Ffwebmagazine. "Ha ragione -  prosegue Rossi - chi giudica conclusa una stagione, quella  berlusconiana, che ha disatteso alla radice ogni volontà riformista. Ha  ragione Walter Veltroni quando denuncia questo potere "che ha stravolto  il paese senza introdurre una minima modernizzazione". Ha ragione chi  crede che davanti a tutto questo c'è un'Italia di persone perbene, di  persone di talento, di precari che subiscono da troppo tempo la "paura  del futuro" determinata dall'involuzione di questa seconda Repubblica".
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