domenica 16 gennaio 2011

La rabbia e l'orgoglio

(da L'Unità, Conchita de Gregorio)
Dopo quella degli studenti ecco a voi la lezione degli operai. Irrisi, esclusi dal bordello a cielo aperto in cui il paese si è trasformato per piacere al suo sovrano e godere delle sue misere ricompense - un idromassaggio e una paghetta in cambio di tutta un'altra vita possibile, se sei una ragazzina – umiliati e ricattati, radiati dal racconto pubblico di quel che accade come se non esistessero affatto o fossero il retaggio un passato triste e non in linea col cinepanettone del momento ecco invece che la realtà irrompe e se ne frega dei lelemora. Gli operai hanno dato ai soloni, agli arroganti e ai pavidi della politica una lezione memorabile...

La rabbia e l'orgoglio, pensavo. Eravamo pronti a comprendere le ragioni di chi, con le spalle al muro, avesse subito il ricatto. Abbiamo detto, alla vigilia, che dire no sarebbe stata una scelta giusta, dire sì sarebbe stata una decisione comprensibile: bisogna mettersi nei panni degli altri, un esercizio che di solito chi pontifica non pratica. Invece hanno detto no, gli operai di Mirafiori. Hanno detto no quasi tutti: quasi la metà di quelli che hanno votato, moltissimi di più di coloro che sono iscritti alla Fiom: quasi il 35 per cento in più. Questo significa che hanno votato no anche gli iscritti ad altri sindacati. Anche i non iscritti, in larga maggioranza. I giovani e i vecchi. Le donne. Significa che Marchionne – esibito dai media come l'uomo dell'anno, il paladino del berlusconismo del fare altrimenti irrintracciabile, l'uomo della modernità – è stato bocciato dalla maggioranza dei lavoratori della sua Fiat: se il conto si fa sugli aventi diritto e non solo sui votanti, se si tengono fuori gli impiegati vedrete che la maggioranza dei lavoratori di Mirafiori non ha votato sì. Significa, il voto, che molto più e molto prima della classe politica gli operai si sono fatti carico di decenni di battaglie, che hanno preso sulle loro spalle il peso della memoria, che hanno reso onore alla storia dei loro padri. E con un esito equilibratissimo, in bilico per una manciata di voti con il suo contrario, hanno fatto un favore persino a chi ha detto Sì impedendo che questa fosse la Caporetto di una storia politica e sindacale che non vive la sua stagione più felice ma che può vantare la titolarità delle fondamenta dello stato democratico. Una forse inconsapevole astuzia della ragione da cui escono vincitori il sindacato che si voleva uccidere, il cui prestigio resta intatto e cresce, la dignità e la storia d'Italia. Esce sconfitto un modello autoritario che, pur con qualche argomento, ha scelto uno stile padronale e paternalista che in fabbrica come nella società sembra finalmente mostrare il suo limite. E' una vittoria di tappa, la battaglia ancora tutta da combattere. Sarà saggio ammorbidire certe radicalità, prendere atto dei problemi legati al merito e alla competitività che pure esistono: discuterli e risolverli insieme, finalmente. Come questo governo ha mostrato di non voler fare e come Susanna Camusso chiede invece con intelligenza e lungimiranza di fare. Si riparte da qui. 

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