Una «settimana di passione», perché «la sconfitta di Fini» non ha risolto quasi nulla e il Cavaliere è costretto a uno«slalom» dagli esiti incerti. Vorrebbe ultimare la legislatura con l’attuale governo, debitamente «rimpastato» con i cosiddetti «responsabili» (quando e se arriveranno), ma sa che gli scogli sono molti e cerca di guadagnare tempo. Per il momento ha convinto Bossi a rinviare il voto già promesso per marzo.
«Proviamo ad andare avanti – ha proposto al Senatur - se non dovessimo riuscirci avremo il tempo di chiedere al Quirinale le urne a maggio, politiche e amministrative nello stesso giorno». Tra i fedelissimi, però, c’è chi giudica «vitale» che il governo tiri a campare almeno fino alla primavera 2012. Anche per evitare il cosiddetto «ingorgo istituzionale » dell’anno successivo con le elezione del presidente della Repubblica. Il Cavaliere non perde occasione per ripetere che non tiene al Colle. Ma i suoi spiegano che il patto elettorale con Casini – «Oggi si fa corteggiare invano ma domani sarà costretto a scendere dal pulpito» - potrebbe contemplare lo scambio «allettante» tra Palazzo Chigi e Quirinale.Ma Berlusconi, per il momento, tiene le carte coperte...
Non si fida quasi di nessuno e torna a barricarsi nel bunker circondato dagli spettri che ricompaiono all’orizzonte dopo la «vittoria di Pirro» del 14 dicembre. Il Cavaliere aveva immaginato la pausa di fine anno come occasione per «allargare la maggioranza». Ha lavorato per raccogliere alla spicciolata «parlamentari responsabili» dai diversi gruppi della Camera. Guadagnando «l’autosufficienza» - questo il disegno – potrebbe stringere accordi con Casini che gli consentano - «con il gioco delle astensioni e delle assenze dall'aula, ma anche dei voti favorevoli sui singoli provvedimenti » - di navigare tra scogli e iceberg. La «terza gamba», però, non sembra in grado di mettere in cammino una maggioranza che ha bisogno ossigeno immediato per andare avanti.
Casini e il Terzo polo, d’altra parte, si tengono «le mani libere». Prova ne è la spada di Damocle sospesa sul collo di Sandro Bondi, con l'Udc che non scioglie il rebus sulla mozione di sfiducia Pd al ministro. Bondi potrebbe decidere di dimettersi in anticipo per evitare «grane al governo». Per il Cavaliere sarebbe uno smacco. «Vedrete - così rincuora i suoi – Casini non ha alcun interesse a far precipitare la situazione verso il voto anticipato». Il premier che inietta dosi massicce di ottimismo, però, è lo stesso che torna a sbirciare, dietro le mosse di Bersani e del leader dell’Udc – e di Tremonti - lo spettro del governo tecnico. Ed è lo stesso che diffida perfino del Colle, perché le ultime esternazioni di Napolitano metterebbero «in difficoltà il governo ».
Anche il responso della Consulta sul legittimo impedimento servirà al Cavaliere per valutare le intenzioni quirinalizie. Perché – non c’è verso – Silvio è più che mai convinto che «autonomia» è una parola vuota, anche nel caso dei giudici costituzionali che giovedì dovranno rendere nota la loro sentenza. Se la legge venisse dichiarata illegittima continuerebbe a governare,mapromette fuoco e fiamme contro i giudici di Milano, contro quelli della Consulta e, c’è da immaginarlo, contro il Colle. Settimana decisiva quella che si apre oggi. Perché il clima politico della legislatura sarà più o meno infuocato sulla base del pronunciamentosullo «scudo».
Anche la variabile delle elezioni anticipate potrebbe dipendere dal verdetto della Suprema corte. In queste ore, tra l'altro, si parla di messaggi Pdl indirizzati alla magistratura per uno scambio tra riforme soft della giustizia e “nonbocciatura” del legittimo impedimento che farebbe ripartire i processi Mills, Mediaset e Mediatrade. Nontranquillizza il Cavaliere, tra l'altro, l'ipotesi di una sentenza «interpretativa di rigetto» che lascerebbe al giudice la facoltà di verificare la sussistenza dell’impedimento del premier.«Pme giudici di Milano metterebbero bastoni tra le ruote costringendo Berlusconi a dividersi tra Tribunale e Palazzo Chigi – spiegano i fedelissimi del premier – Altro che attività di governo». Se ad Arcore si alternano pessimismo e speranza, a Roma si scrutano possibili strade per una «terza via». L’illegittimità dello «scudo» potrebbe riguardare solo «le attività preparatorie e conseguenti» e non l'attività vera e propria di governo (consiglio dei ministri, vertici internazionali, ecc.) che verrebbe sottratta al controllo di merito dei giudici del processo.Unosnodo decisivo quello di giovedì prossimo.
Come quello sul federalismo fiscale che la Lega considera un banco di prova dei numeri parlamentari garantiti da Silvio. I leghisti puntano a una trattativa con l’opposizione che il Cavaliere vede come fumo negli occhi perché «è la maggioranza e non la Lega che dovrà aprire questo fronte». La tensione con il Carroccio c'è e viaggia sotto traccia.Adispetto deinumeri, il premier assicura ai suoi che «il voto non ci sarà e la seconda parte della legislatura sarà costituente». I sondaggi in calo nonlo tranquillizzano. E Silvio medita di rompere l’accerchiamento con un «colpo a effetto », chiamando a raccolta il suo popolo intorno a un nome e un simbolo di partito nuovi di zecca. Basterà un lifting per uscire dallo stallo?
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