Palazzo Chigi teme l'ipotesi che venga rimessa ai pm la scelta sui suoi processi. L'allarme del presidente del Consiglio: "Se riprendono le udienze, a rischio anche l'arrivo di nuovi parlamentari" (di CARMELO LOPAPA Repubblica 6 Gennaio)
IL SOSPETTO e il timore è che tutto stia per precipitare. "Vogliono farmi fuori, mi sembra evidente". È questa la paura che Silvio Berlusconi confida ai suoi fedelissimi alla vigilia del pronunciamento della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento. Lo hanno capito subito, i più stretti collaboratori, quando a metà giornata sono state pubblicate le anticipazioni della telefonata del Cavaliere al programma tv serale, con tanto di attacco frontale - l'ennesimo - ai giudici strumento dei "comunisti". Il solito Berlusconi, se tutto questo non avvenisse a cinque o sei giorni dalla sentenza della Consulta. Col rischio di deteriorare ulteriormente rapporti già ridotti ai minimi termini.È il segno, a sentire i suoi, che la partita in ogni caso nel bunker di Villa San Martino la considerano ormai persa. Anche se dai giudici costituzionali dovesse arrivare quella sentenza di rigetto interpretativa sulla quale sono pure circolate indiscrezioni, in questi giorni. "Figurarsi che garanzie potrei avere, se fosse rimessa alle toghe milanesi la discrezionalità sul congelare o meno i miei processi" va ripetendo a chi pure intorno a lui lo invita a una prudente, più cauta attesa. Gianni Letta in testa. Ma il sottosegretario e primo tra i consiglieri è lontano, a Roma. E su Arcore si addensano in queste ore i pensieri più cupi.
Il fatto è che Berlusconi fiuta già una "ondata giudiziaria" imminente, da qui a breve, se il responso sarà quello che nel più cupo pessimismo si attende. La ripresa in blocco, intanto, dei tre processi milanesi, Mills, Mediaset e Mediatrade. E tutto quel che di nuovo "dalle solite procure" potrebbero aprire a suo carico. E poi, la Procura che ricorre in Cassazione contro la sentenza Dell'Utri, giudicando insufficienti i 7 anni inflitti dalla sentenza d'appello al braccio destro siciliano nel processo per mafia. E ancora gli affondi pesanti dell'Anm contro il governo che hanno scatenato ieri l'ultimo scontro frontale sul rischio paralisi della giustizia denunciato dai vertici dell'Associazione magistrati. Ecco, tutto questo ha un nesso, nella visione del presidente del Consiglio.
Ma il nodo che il leader Pdl vede aggrovigliarsi è anche politico. Perché anche l'operazione allargamento della maggioranza, in caso di bocciatura dello scudo in Consulta tra martedì e giovedì prossimi, rischierebbe di morire sul nascere. Le già difficili trattative che i suoi "procuratori" stanno portando avanti tra Montecitorio e Palazzo Madama per raccogliere parlamentari dai banchi delle opposizioni, subirebbero un brusco stop se la stessa permanenza del premier a Palazzo Chigi dovesse vacillare. Nessuno - questo il timore avvertito nell'inner circle berlusconiano - si azzarderebbe a traghettare su una sponda malferma e insicura. Per altro, la pioggia di smentite di tutti i deputati e senatori indiziati di abboccamento è stata in queste ultime 48 ore già un pessimo segnale per chi, da Moffa a Romano, sta lavorando all'operazione. "E se la situazione precipita, anche Bossi e Tremonti rialzeranno la posta, ma io non mi faccio mettere nell'angolo" hanno sentito dire al Cavaliere. Deciso com'è a passare fin da ora al contrattacco.
L'uscita all'apparenza spregiudicata di ieri in tv altro non è se non un avvertimento di quel che potrebbe essere e probabilmente sarà una campagna elettorale tutta giocata appunto all'attacco. E, neanche a dirlo, sui temi della giustizia: sulle procure che lo assediano, che lo vogliono "eliminare", che lo vogliono "in galera" o "in esilio, come Craxi". Sarebbe una mossa disperata, quella del voto anticipato in primavera, non quella che Berlusconi vorrebbe tentare, se dipendesse solo da lui. Anche perché sulle elezioni - lui lo sa - grava come un macigno l'incognita del risultato al Senato. Dato per scontato il successo alla Camera, con l'attuale sistema e col terzo polo contro, non replicherebbe a Palazzo Madama. "Abbiamo fatto uno studio, verificando come solo in Campania, Calabria e Sicilia il Pdl perderebbe ben 12 senatori a beneficio delle opposizioni" racconta il repubblicano Francesco Nucara che porterà a breve lo schemino al presidente del Consiglio. Con un'altra dozzina in uscita nelle altre regioni meridionali, il tonfo è servito. "Proprio per questo continuiamo a consigliargli di evitare per ora il ricorso alle urne". Ma dei suggerimenti in queste ore Berlusconi tiene conto poco o nulla. E su quello scenario post voto, nello stesso governo, c'è già chi sta scommettendo il proprio futuro.
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